Per Papa Francesco il mondo è un tessuto di fili

«Tutto è connesso»: Papa Francesco ripete questa espressione nella sua seconda enciclica Laudato si’ come fosse un mantra. Vede il mondo come un tessuto di

fili che si intrecciano e costruiscono legami. Se non si è legati non si è vivi. Se non si è legati si è strappati dal tessuto del mondo. Il vivente è tale perché è in grado di legare e legarsi, di tenere insieme i fili come un hub di connessioni. E il legame sprigiona il desiderio e l’istinto di custodire, allevare, addomesticare nel senso che dà Il Piccolo Principe: fare con l’altro una casa, appartenersi. Se non si ha la percezione di vivere in una «casa comune», non si riuscirà a comprendere la realtà, a darle un senso, che è sempre olistico, globale: tiene tutto insieme, fa del “tutto” una casa.

Il linguaggio delle scienze, della biologia è importante, sì, ma serve qualcosa di più: servono parole che non siano semplicemente analitiche, ma sintetiche, che diano il senso di ciò che è vivente: un linguaggio che colleghi la vita animale con l’essenza dell’umano. Forse la poesia, allora? Certamente, dato che Francesco scrivendo dell’Amazzonia cita ben 16 poeti popolari. Forse la lingua dell’amore. E il Papa si dimostra ardito e per parlare del creato scrive nella sua enciclica Laudato si’: «Così come succede quando ci innamoriamo di una persona...».

Tim Flach, “Spirit”, dalla serie “More Than Human”, 2012. Le immagini del fotografo inglese ci restituiscono il suo interesse per il modo in cui l’uomo dà forma e significato al mondo animale. Il corpus della sua opera si articola in “Equus” (2008), “Dogs Gods” (2010), “More Than Human” (2012), vasta esplorazione delle specie del mondo, e “Endangered” (2017), un potente documento sulle specie in via di estinzione.

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Il linguaggio dell’amore è sintetico e scopre la bellezza come meraviglia. Il modello di Francesco è il santo d’Assisi: «Ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature». Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione».

Chi capisce il mondo? Chi sa parlare e predicare persino ai fiori. Non c’è altra via.

Che cosa troviamo dentro questo linguaggio d’amore che si formula quando l’essere umano – a maggior ragione – avverte il legame con l’animale e comincia a parlare agli animali come Francesco a lupi e uccelli? Troviamo una fraternità radicale che mostra il fatto che «tutte le cose hanno un’origine comune». Per il Papa il divino e l’umano si incontrano nel più piccolo dettaglio della «veste senza cuciture della creazione di Dio». Siamo lontani dalle figure dell’uomo e della donna come dominatori, consumatori o sfruttatori.

(Continua)

*Antonio Spadaro è direttore de La Civiltà Cattolica.

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