Dolore. Sconforto. Isolamento. Tre parole che riassumono l’umore dell’anno che è passato, parole che vengono cristallizzate in To Erase a Cloud, il film di debutto di
Il corto è incentrato sulla vita di John Little, un giovane che si ritrova ad affrontare i propri demoni interiori, mentre è in isolamento, quando la madre muore. Interpretato dal migliore amico di Longden, Sonny Hall, ex modello londinese 22enne e oggi poeta, To Erase a Cloud è, in poche parole, un film cupo, ma intriso di poesia.
Sonny Hall
Nella scena iniziale vediamo Hall che si dimena a torso nudo nella sua stanza (il pavimento è cosparso di lattine mezze vuote di birra polacca e vino rosso): il suo corpo si contorce, le membra sono sciolte come spaghetti. Lo vediamo ballare nella luce soffusa color tabacco in quello che sembra essere un momento di gioia, per poi correre sul balcone, gettarsi a terra, scoppiare a piangere. Un’immagine che può sembrarci triste, ma nel nichilismo di Little, nella sua resa finale, c’è un senso di solitudine in cui riconoscersi.
Per Longden — rappresentato dalla IMG — il film vuole essere una potentepresa di coscienza della realtà, un’esortazione “ad amare e apprezzare gli aspetti più veri della vita”, dice. “Molti di noi si ritrovano in una realtà falsa, di facciata, vogliamo tutti una realtà “perfetta”, anche se sappiamo bene che perfetto non è nessuno”.
Longden, che dalla fine del 2019 ha riscritto 27 volte il film, ha scelto Hall per il ruolo del protagonista. “C’è qualcosa di particolare in lui, una luce nell’anima si riflette nei suoi movimenti, nelle sue espressioni. Non aveva mai recitato prima, e io non avevo mai diretto prima, quindi eravamo entrambi desiderosi e impazienti di lavorare insieme per creare qualcosa di cui essere orgogliosi”, dice il regista.
Con la produzione esecutiva dell’attrice e artista (e nuova musa di Gucci) Lily Gavin, di Dexter Navy e Henry Burch, insieme al produttore associato Olmo Schnabel (che ha prodotto anche ‘Giants Being Lonely’), il film, che dura 20 minuti, è stato girato interamente in 16mm e sarà distribuito nel circuito dei festival a primavera.
Dexter Navy e Jim Longden
“In un certo senso, le mie esperienze personali mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno per interpretare questo ruolo”, spiega Hall. “Mi sono riconosciuto nella storia attraverso molte parti di me, quelle parti di me che hanno continuamente bisogno di nuovi contenitori in cui gettarmi, restare a “marinare”, e poi potermi esprimere. Questo film, e questo ruolo, per qualche mese sono stati quel contenitore”.
Pur non avendo mai recitato prima, Hall è legato a doppio filo al personaggio principale del film, John Little. Prima di iniziare le riprese, dopo tre anni in cui è rimasto sobrio, Hall ha avuto una ricaduta ed è tornato in rehab per tre mesi. “Dover fingere di bere non è stato troppo difficile, ma connettersi alla follia che sottende alla necessità di agire in quel modo è stato sicuramente un rischio per me” afferma. “E ho anche scoperto che, nei panni di John Little, ‘fingere’ di soffrire per la morte della madre è stato difficile, perché ho perso la mia sei anni fa. Accettare quell’idea mi è costato molto, per tanti motivi, ma Jim mi ha aiutato, è stato con me in tutti i momenti in cui ero a disagio, semplicemente dandomi uno spazio in cui poter provare qualunque cosa in totale libertà”.
Ma al di là dei comportamenti estremi di John Little, To Erase a Cloud è soprattutto la storia di un uomo che cerca uno spiraglio di speranza anche nelle situazioni più negative. “Johnny è una persona che sta semplicemente attraversando una sequenza di eventi, caotica e umana, che genera in lui dolore, solitudine, disprezzo di sé, impulsi distruttivi, pensieri ossessivi e depressione, e da cui non riesce a vedersi fuori. E so che la maggior parte della gente, prima o poi, si sentirà soffocare da questa stessa stretta”, conclude Hall. “Siamo tutti soli, anche se siamo insieme”, aggiunge Longden. “Credo che siamo tutti alla ricerca della luce in fondo al tunnel, e a volte ci rendiamo conto che la luce è sempre stata lì, semplicemente perché siamo vivi”.
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