La macchia umana. Storia dell'animalier

Fra poche righe ci concentreremo sul tema della donna-gatto e della pessima reputazione di cui gode dal Mille dopo Cristo, circa. Prima, però, vorremmo sottolineare

che l’animalier, in versione pelli avvolte al corpo o gettate sopra la corazza, cappotti maculati, copricapi o perfino calze lavorate a imitazione del vello della tigre, si trova nelle rappresentazioni parietali, pittoriche, musive, scultoree che ritraggono uomini di potere trasversali per età e tradizione culturale da decine di migliaia di anni e che nessuno ha mai neanche vagamente pensato di stigmatizzare. Non intendiamo imbastire la solita lagna sul sessismo e neanche siamo di quelli che ne vedono le tracce ovunque; però ammetterete che per le donne lo sfoggio del maculato non è privo di connotazioni sessuali e aggressive nemmeno adesso, all’alba del 2021.

La donna in sembianze ferine, affascinante femme fatale come pure attraente sex kitten, ancor oggi non ha perso la sua valenza di pericolo. Qui le top Karen Elson e Jessica Stam nel servizio “Trendspotting” di Steven Meisel, Vogue Italia, Luglio 2004.

Per gli uomini, invece, è sempre stata un’altra faccenda: in quanto feticcio e segno di dominazione, addosso a loro le macchie dei felini o il vello di animali veloci e potenti non ha mai destato stupore; al limite, l’acquerello di quelle calze settecentesche tigrate “da gentiluomo” su cui siamo capitati tempo fa avranno fatto un po’ sorridere gli altri cortigiani per la loro eccentricità. Per le donne l’apparentamento ai felini, che l’Egitto incarnava nella dea Bastet e nelle sue devote, parenti strette delle Menadi e delle Baccanti, è stato al contrario infinita fonte di guai a partire dall’affermazione del Cristianesimo e, ça va sans dire, dalla presa di potere dell’Inquisizione medievale nel XII secolo, del suo obiettivo di sradicare l’eresia e i vecchi “culti pagani” con i mezzi tristemente noti. Poi, certamente, nei secoli successivi qualche aristocratica si era dilettata di travestirsi da dea dell’Olimpo e di farsi ritrarre da pittori alla moda in pelli maculate (Ritratto di Madame de Maison-Rouge nelle vesti di Diana, 1756, di Jean-Marc Nattier); ma, appunto, si trattava di una ricca nobildonna che faceva cosplay, forse una parente della proprietaria di un’incantevole polonaise in seta stampata leopardo, ricamata a tralci di rose, che venne esposta al Metropolitan per la mostra Wild: Fashion Untamed, conclusasi nel marzo 2005. Insomma, nulla di davvero riprovevole, come peraltro nelle bordure “motivo leopardo” seguite alla campagna d’Egitto di Napoleone. In generale, diremmo che fino al XX secolo l’animalier è stato appannaggio di re, nobili, condottieri e gente abbiente, perché se sete stampate e pelli di buona qualità costano adesso, immaginatevi allora.

(Continua)

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