Non testato sugli animali

Negli ultimi anni, il claim “non testato sugli ani­mali” ha tranquillizzato gli animi dei consumatori più sensibili alle tematiche animaliste facendo intendere che tutto fosse

ormai cambiato. In realtà, però, è già dal 2013 che l’Unione Europea ha vie­tato per legge i suddetti test nel settore cosmetico. «L’articolo 18 del regolamento europeo 1223/2009 è molto chiaro», dice Roberto Gorni, responsabi­le dell’area tecnico­-normativa di Cosmetica Italia. «Tra marzo 2009 e marzo 2013 sono progressiva­mente entrati in vigore in tutta l’Europa i divieti per l’esecuzione di test su animali per nuovi in­gredienti cosmetici e per la commercializzazione di prodotti contenenti elementi testati nello stesso modo, svolti anche al di fuori dal nostro continen­te. Il divieto per i prodotti finiti era in vigore già dal 2004. Questa gradualità è stata prevista per tenere presenti le complesse sfide scientifiche che ancora rimanevano e rimangono per le prove di tossicità sistemica sull’uomo. E, a tal proposito, è bene ricordare che i farmaci e i prodotti chimici, così come quelli per la pulizia della casa, non de­vono attenersi alle medesime restrizioni».

Insomma, che sia presente o meno la dicitura cruelty-free, i cosmetici europei lo sono tutti. O (quasi) nessuno. Problema risolto? Non proprio. Perché la realtà è più complessa: «la sicurezza della maggior parte degli ingredienti presenti nei prodotti beauty (banalmente anche l’acqua) nei fatti è assicurata da dati tossicologici che sono stati in precedenza ottenuti anche attraverso test su animali, che in passato era possibile eseguire indipendentemente dalla loro origine o natura. Però va anche considerato che ogni anno fino al 30% di creme, gel e profumi presenti sul mercato subisce aggiornamenti e modifiche formulative, inserendo il settore tra i più innovativi, creativi e capaci di individuare i desideri e i bisogni dei consumatori, anche rispetto alla tematica della salvaguardia del benessere degli animali», aggiunge Gorni.

In altre parole, l’industria cosmetica europea è in grado di assicurare la sicurezza delle formule impiegando le informazioni già esistenti sugli ingredienti, eventualmente confermati anche da test clinici e dermatologici sull’uomo – strano ma vero, questi sono ancora permessi – e, laddove necessario, impiegando metodi alternativi riconosciuti dal Centro Europeo ECVAM. Per esempio, i test in vitro come EpiSkin, che imitano l’intero spessore della pelle umana e che possono essere utilizzati per provare l’eventuale irritazione di un cosmetico (un test storicamente condotto sui conigli), ma anche per misurare la protezione UV. Anche alcuni ricercatori di Berlino (fonte Mintel e Cruelty Free International) stanno lavorando per creare chip miniaturizzati che rispecchino l’attività di organi e sistemi umani. Insomma, tutti metodi alternativi necessari se si vogliono sviluppare nuovi ingredienti specifici per il mercato europeo.

(Continua)

In apertura: Un’opera di Florian Sommet, fotografo beauty nato in Germania, che si divide tra Parigi e Düsseldorf.

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