L’orizzonte si allarga

Dopo i primi ristoranti con il gusto per il particolare, le principali catene di fast food hanno inserito nei loro menù gli hamburger che sembrano

le solite polpette, le ricordano per aspetto e sapore, ma hanno ingredienti vegetali. Intanto, Singapore ha appena dato il via libera alla vendita della carne generata in laboratorio: il governo della città-stato asiatica è il primo al mondo ad approvare questa alternativa in grado di riprodurre artificialmente gli alimenti senza uccidere gli animali. Né infierire sulla Terra: secondo uno studio dell’Università di Oxford, il processo tecnologico è meno inquinante del 96 per cento rispetto all’allevamento del bestiame, oggi responsabile del 15 per cento delle emissioni di gas serra sul pianeta.

Se la macellazione si riduce, se in futuro diventerà superflua o marginale, l’industria della moda finirà per perdere una delle sue principali materie prime. Dovrà cercare altre vie per ottenerla, anzi in verità lo sta facendo da tempo: dopo la pelle ricavata dagli scarti delle mele, dall’ananas e dai funghi, nei prossimi mesi arriverà sul mercato quella realizzata in provetta, indistinguibile dall’originale, almeno secondo i suoi creatori. Dalla cosiddetta ecopelle si transiterà verso la biopelle, che parte da piccole molecole e le fa crescere. Coltiva speciali semi che, anziché piante, germogliano cuoio.

Un campione di pelle di vitello coltivata in laboratorio da VitroLabs prima di essere trasformata, tramite concia e rifinitura, in pellame.

© FOTO COURTESY VITROLABS.

Modern Meadow, vicino a New York, ricorre alla fermentazione in un iter che riprende quello della birra; la peruviana Le Qara si avvale della prolificità di colonie di microrganismi; VitroLabs, in Silicon Valley, parte da un rettangolino prelevato da un animale vivo, senza fargli alcun male, per moltiplicarlo all’interno di un bioreattore usando zuccheri, sali, amminoacidi più acqua.

Sono giusto pochi esempi, il panorama è vasto e in espansione. Lo conferma la piattaforma Material Innovation Initiative, che si dedica a censire dozzine di start-up, scienziati e imprenditori globali interessati a tradurre in un business ogni approccio sperimentale. Non solo nella pelle: sempre in California, Bolt Threads ha inventato Microsilk, che tramite la bioingegneria fa lievitare le proteine della seta, le isola, le purifica, le trasforma in fibre pronte per capi e tessuti. Senza mai vaporizzare fatalmente il baco, come avviene nel procedimento tradizionale.

«Più che l’allargarsi e il perfezionarsi dell’offerta, la differenza la farà la domanda di queste soluzioni», osserva Eleonora Berghella, docente di Tecnologia del pellame al corso triennale in Fashion Design dello Ied di Milano: «Le nuove generazioni si stanno formando con una grande consapevolezza del prodotto, un forte interesse verso la sua filiera. I prossimi clienti della moda, accanto alla qualità, baderanno alla sua reale sostenibilità». Al ristorante ordineranno una bistecca hi-tech con addosso una giacca che, prima di entrare in sartoria, è uscita da un laboratorio.

Da Vogue Italia, n. 844, gennaio 2021

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