Alta Moda: Burc Akyol Coll 01 Part 02

L’alta moda è sicuramente un’eredità che il designer Burc Akyol ha ricevuto dal padre che lavorava per le maison francesi di Haute Couture. Così il creativo di base a Parigi e

di origini turche, dopo una serie di importanti esperienze da Dior, Balenciaga e Ungaro, ha deciso di fondare il suo brand omonimo nel 2019. L’impronta è sicuramente molto legata alle creazioni di alta sartoria e infatti i suoi capi sono caratterizzati da lavorazioni lunghe e complesse, spesso fatte esclusivamente a mano, quale risultato di ispirazioni che derivano da momenti di vita e sofisticati riferimenti colti. Per la sua collezione chiamata Coll 01 Part 02 le serate tra Palermo e Pantelleria e le forti sensazioni che il designer ha vissuto in quei momenti hanno rappresentato un primo impulso creativo, insieme alla raccolta di William Blake, Marriage of Heaven and Hell. Ma anche la sua propensione per le più svariate forme artistiche che lo hanno portato nel corso della sua vita a interessarsi alla pittura, alla danza e alla recitazione. 

La collezione è fatta di una parte sartoriale con giacche da smoking dal taglio cropped, completi molto formali, resi moderni dalla versione che prevede una lunga gonna con spacco laterale e fascia in vita in satin. Poi diventa più sensuale con le trasparenze, utilizzate in modo inaspettato con l’organza che ricopre i completi in denim vintage o scelte per dei pantaloni e degli abiti bordati a contrasto con il raso e abbinati alla scultura in bronzo che diventa un top che “protegge” il seno, realizzata in collaborazione con Le Chemin des Maquettes. Un ruolo determinante hanno di certo i capi couture come il blazer completamente coperto di piume cucite a mano su una stampa di pelle di serpente che richiama l’opera di Blake, la cappa di tulle decorata da delle code di ermellino create con novecento strati di organza di seta, tulle e mussola o ancora il top completamente decorato da fiori di organza dipinti a mano che hanno una piuma come pistillo. Particolarmente interessanti le creazioni che con una serie di cuciture richiamano un effetto trompe l’oeil con il quale viene disegnato un corpo di donna sulla seta. Una parte importante della collezione è caratterizzata dall'uso dei nodi che rendono teatrali camicie e abiti e sono formati da lunghe fasce di tessuto legate sui fianchi o sul polso per un effetto decisamente drammatico. 

La nostra intervista a Burc Akyol. 

Com’è iniziata la tua carriera nella moda?

Mio padre era un sarto e lavorava da casa per le maison parigine di alta moda. Da bambino ho iniziato rammendando gli abiti e da lui ho imparato le tecniche artigianali. Quando avevo dodici anni ho visto la sfilata di alta moda Autunno Inverno 2001 di Emanuel Ungaro, ricordo ancora Erin O’Connor e Stella Tennant, la colonna sonora mixava “Get Your Freak” di Missy Elliot e “Flower Duet” di Lakmé. Ho pensato fosse un mondo senza confini in cui tutte queste influenze venivano mescolate insieme, e mi ci sono tuffato all’istante! Era l’epoca di John Galliano per Dior, Alexander McQueen, Hedi Slimane per Dior Homme, Nicolas Ghesquière per Balenciaga e Helmut Lang. Era come vedere un film. Una moda sexy e adulta, nessuno voleva sembrare un ragazzino, tutti volevano essere eleganti e sexy. All’inizio avevo pensato di fare l’attore, e avevo anche iniziato a studiare, ma la moda mi offriva quel mix elettrizzante fra arte e immagine, fra gioco di ruolo e bellezza che potevi portare nella vita di tutti i giorni. Ho studiato all’École de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne e dopo aver terminato gli studi ho avuto la fortuna di lavorare da Dior (c’era ancora John Galliano) per un breve periodo, poi da Balenciaga e da Ungaro dove ho conosciuto Esteban Cortázar. Quando Esteban ha deciso di rilanciare il suo brand mi ha chiamato. Sono diventato il suo braccio destro. È stato molto interessante, perché all’interno di una struttura così piccola dovevi occuparti del design, di coordinare, gestire il budget, le relazioni con i VIP, le vendite, persino la produzione. Ho imparato moltissimo. Quando mi sono sentito pronto ad affrontare le parti del lavoro che ancora non conoscevo, allora ho deciso di creare il mio brand. Era arrivato il momento di esprimermi nella mia lingua.

Hai molti interessi diversi, come la pittura, la danza, e la recitazione. In che modo queste discipline così diverse ti hanno portato alla moda? E in che modo influenzano il tuo lavoro? 

Non è buffo che la pittura possa essere vista come il drappeggio, o il cucito? Per entrambe le cose si lavora con dei materiali, si impara a usarli. E recitare e ballare non sono poi così diversi dal raccontare una storia per uno shooting, creare i personaggi che indossano gli abiti e presentarli con una sfilata. Ma anche essere intervistati. Si tratta di arte e di seduzione. Tutto questo mi dà la carica e influenza il mio lavoro. Poi leggo molto, e la musica è una delle arti che mi influenzano maggiormente. Non puoi guardare alla moda per creare la moda, per questo guardo a tutto il resto. Per nutrire le mie idee. A volte devo stare per un periodo a “digiuno” dalle influenze, non posso averne di nuove perché sto “digerendo” quelle vecchie.

I tuoi genitori sono turchi: le tue radici giocano un ruolo importante nel tuo lavoro?

Credo sia stato Dostoevskij a scrivere qualcosa sull’essere russo, lo chiamava “l’anima russa”. Lo stesso vale per tutte le culture che vengono ereditate, sono parte di quel che sei. Si trova nel cibo, nella musica, nella lingua, nel tuo modo di essere. La mia “anima turca” è come un prisma, è un modo di vedere le cose. Come molte culture orientali è intrisa di metafore, di ornamenti. Ultimamente ho letto molto sulle dinastie dell’Impero ottomano, specialmente del XIX secolo. Alcuni dei sultani erano compositori, pittori, oltre che reggenti bellicosi. Un sultano amava così tanto i tulipani che li fece arrivare dall’Olanda per rivestire i terreni coperti di neve intorno al suo palazzo in inverno. Così il suo regno venne chiamato “l’era dei tulipani”. Come non ispirarsi? La parola inglese cummerbund (la fascia dello smoking) deriva dal turco kemer band, letteralmente fascia-cintura. 

Hai un approccio no-season alla moda. Cosa ispira, quindi, le tue collezioni?

Tutto il resto. Ho un approccio no-season perché sono in fase di costruzione. Quindi, prima il linguaggio, il vocabolario. Cos’è il mio cappotto? Cos’è il mio blazer? E il mio vestito, e la mia gonna? Per quale momento in particolare? Dove vado indossandolo? E poi le sensazioni, le esperienze, i sentimenti, le persone. Tutto questo mi ispira ad aggiungere nuove parole nel mio vocabolario. Ma ho una regola: quando guardo uno dei miei capi mi domando: è sexy e austero? Se è entrambe le cose, bingo! Se non è nessuna delle due, lo rifaccio. 

La Coll 01 Part 02 è legata alle notti di Palermo e alle leggende di Pantelleria. Puoi dirci qualcosa di più?

Palermo e Pantelleria sono esperienze personali per concetti universali. A Palermo, in estate la città resta sonnacchiosa durante il giorno, non vedi nessuno in giro prima delle quattro di pomeriggio, a parte nei musei e nelle chiese che visiti. Ma la sera, la città si rianima. Abbiamo incontrato per caso un amico che ci ha invitati a una cena improvvisata con gente da tutt’Europa, artisti, ballerini classici, curatori, personaggi vari. Vino e cibo delizioso, vestiti eleganti. Tutti conoscono la sensazione che si prova quando hai passato la giornata a prendere il sole: ti fai la doccia, ti spalmi la crema, metti il profumo, ti prepari per uscire a cena con gli amici. Le conversazioni sono interessanti, incontri persone nuove, scopri, ridi. Trovo che questi momenti siano molto sexy, seducenti, ti rianimano, proprio come Palermo si risveglia alla sera. Volevo esprimere l’opulenza di quella gioia e di quella sensualità, la fame di vita e di persone, dopo mesi e mesi così tetri e lunghi. E ho immaginato capi da indossare in serate come quelle. Non vedo l’ora di poter indossare di nuovo la mia cappa in tulle, o qualcosa in satin giallo chartreuse. Pantelleria rappresenta la parte più austera. Se conosci l’isola, o la ami o la odi. Un’isola molto impegnativa, un’isola vulcanica e tagliente. Ci possono stare solo i più forti, i più resistenti. Quando penso a quelle parole, immagino capi sartoriali e nero. Quando finirà il mondo, se non resterà più nulla da disegnare, un tailleur nero sarà la risposta sia per le occasioni utilitarian che per quelle serali. Ma ci sono leggende e miti sull’isola, e capisci che è un luogo magico quando vedi il Lago di Venere, un lago caldo e setoso riscaldato dallo zolfo del vulcano; i miei abiti-body vengono da lì. Sono come mute subacquee couture in tulle di seta bianco latte. Ti trasformano in divinità che escono dalle acque.

Hai detto: “gli abiti sono come dei ruoli che interpretiamo”. Che cosa intendevi esattamente?

Quando il regista di un film dà indicazioni a un’attrice o a un attore, dà loro dei consigli, spiega come reagisce un personaggio, la sua storia, la sua psiche. Io creo abiti con dei suggerimenti simili: un “supplemento di anima”, lo chiamo. Perché credo che quando indossi una giacca dal taglio perfetto, o un vestito in un tessuto meraviglioso, cambia proprio la tua postura, il modo in cui ti muovi, il modo in cui fai la tua entrata in un posto. Hai una nuova sicurezza o una nuova conoscenza del tuo corpo, della tua personalità. Quindi è come interpretare un ruolo, indossi un abito e insieme all’abito i suggerimenti su come interpretare un ruolo. 

Che tipo di tecniche utilizzi per creare le tue collezioni?

Inizio sempre con la confezione, con la silhouette. Prima le spalle. Deve essere tutto artigianale, imbastisco in modo tradizionale, così come l’entoilage. Per questa collezione ho sperimentato con le piume perché ho pensato molto a Marriage of Heaven and Hell di William Blake, un’opera molto biblica. Ho pensato, cosa succederebbe se nella Genesi la colomba bianca e il serpente facessero l’amore? Che aspetto avrebbe un figlio nato da loro? E così ho creato un blazer tutto in piume bianche e poi ho applicato sui pannelli del blazer la stampa di un serpente. Un ibrido che necessitava della tecnica giusta per la stampa, ci sono volute ore e ore di lavoro per applicare le piume. Un capo molto artigianale, per il quale tutto va cucito a mano perché non puoi inserire le piume nella macchina da cucire. Ci sono voluti mesi di lavoro ma è un capo vero che si può indossare, un blazer straordinario. Ho anche pensato al profumo Carnal Flower che qualcuno indossava a cena a Palermo, una fragranza sensuale ma anche molto pericolosa, può dare dipendenza. Quel profumo ha ispirato i fiori di organza di seta color carne che ho poi dipinto a mano con puntini neri e ho arrotolato a mano intorno al pistillo, che è una piuma nera. Sembra un mix fra un’orchidea maculata e un arum. Mi piace molto il fatto che ti attrae, ma sembra velenosa. Amabile e mortale.

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