Harry Styles e il suo cardigan patchwork (che è già diventato uno dei trend dell’anno)

Circa un anno fa, Harry Styles ha indossato un cardigan. Composto da quadrati dai colori vivaci e allegri, questo ricercato pezzo di JW Anderson è

stato sfoggiato durante una prova per il Today Show nel febbraio 2020. Indossato da Styles, l’aspetto artigianale e confortevole del maglione ha fatto una morbida breccia collocandosi tra i look dei maestri di scuola, le coperte degli anni ’70 e i silenzi di Elmer l’elefante variopinto. Niente di nuovo per un cantante con il gusto per la maglieria sgargiante.

© Seana Redmond

Finché, vari mesi dopo, è successo qualcosa di inaspettato. Il cardigan ha avuto un riscontro stratosferico. Una fan si è messa ai ferri e ha condiviso la sua versione su TikTok. Altri hanno fatto lo stesso e presto il cardigan era dappertutto: l’hashtag #HarryStylesCardigan ha raggiunto più di 40 milioni di visualizzazioni. La risposta è stata così entusiastica che il designer Jonathan Anderson ha condiviso il modello originale per la legione di magliai entusiasti, dicendosi “impressionato ed estremamente onorato” dalla risposta alla sua creazione patchwork.

Miu Miu pre fall 2020

© courtesy Miu Miu

C’è qualcosa in questi eventi di particolarmente evocativo dell’anno che si è appena concluso. Nel corso della prima metà del 2020 – quando i lockdown sembravano ancora una strana (e spiacevole) novità, e ci sosteneva un certo ottimismo che tutto sarebbe tornato alla normalità più presto che tardi – il lievito madre regnava incontrastato e i progetti di maglieria artigianale sembravano emblematici di un mondo temporaneamente fermo e ritirato dentro le case. Un punto di vista condiviso dal Victoria & Albert Museum, che in novembre ha acquisito il cardigan di JW Anderson come parte della sua collezione permanente, notando come il capo sia rappresentativo e parli “del potere della creatività e dei social media nell'unire le persone durante periodi di estrema avversità.”

Un trend probabilmente in linea con un anno in cui il patchwork ha conquistato sempre più spazio nel mondo della moda. A dare inizio a tutto, la collezione autunno inverno 2020 di Alexander McQueen, ispirata alle trapunte e alle coperte artigianali irlandesi. In altri lidi, la pre-collezione 2020 di Miu Miu ha proposto un’amplissima gamma al femminile di colletti alla Peter Pan insieme ad abiti e camicie patchwork d’ispirazione hippy, ideali per vagabondare negli ultimi giorni dorati di settembre.

Alexander McQueen autunno inverno 2020

© courtesy Alexander McQueen

Il trend del patchwork non ci lascerà per tutto il 2021

Quando, a inizio gennaio, è arrivato per i brand il momento di presentare i loro modelli primavera estate 2021 - dopo che gli stilisti avevano ormai introiettato i nuovi tempi definiti dalla pandemia – i disegni patchwork sono spuntati dappertutto, da Duro Olowu a Christian Dior.

A casa Preen, l’esperienza del lockdown si è fatta sentire per la coppia di stilisti e i due hanno raccontato a Vogue che la loro decisione di usare tessuti di scarto è stata in parte una necessità legata ai problemi dell’industria manifatturiera, in parte una risposta al tempo passato con i loro figli durante il processo creativo: “Abbiamo iniziato a dare loro degli scampoli di tessuto per tenerli occupati dopo le ore di DAD. E avevamo una piccola macchina da cucire in casa… è iniziato più o meno tutto da lì, in modo naturale.” I risultati – accostamenti di colori e tessuti diversi, alcuni degli scampoli bordati d’oro a imitazione della riparazione dei cocci di porcellana con il metodo Kintsugi (l’arte giapponese di riparare il vasellame, in modo da valorizzare le crepe quando vengono incollate) – sono stati sia pertinenti al momento che fantasiosi.

Duro Olowu primavera estate 2021

© courtesy Duro Olowu

Una simile impressione di ingegnosità indotta dal lockdown si ritrova anche in Marni, con il direttore creativo Francesco Risso che ha composto le gioiose creazioni patchwork dell’ultima stagione usando 25 cappotti delle vecchie collezioni, così ricondizionati. Li ha descritti come “pezzi unici cuciti e dipinti a mano con la poesia, parole che ho raccolto con la mia comunità dall’inizio del lockdown”, parlando con soddisfazione del senso di leggerezza e di simbolica “fragilità” inerente al disfare e ricostruire questi capi.

Marni primavera estate 2021

© courtesy Marni

Un tessuto per i tempi difficil

Pare che scegliendo il patchwork, si possa fuggire dalle implicazioni globali dell’anno appena trascorso: sia che la tecnica simbolizzi un approccio più giocoso alla creazione di abiti, un desiderio consapevole di rimediare allo spreco dei tessuti o un mezzo per rinvigorire il passato.

Il patchwork suggerisce una certa metodica lentezza, oltre a un rispetto per il riutilizzo degli scarti. Può essere un rifiuto del sistema della moda come lo conosciamo, con designers come Richard Malone che ricicla scampoli di cuoio per creare pezzi in edizione limitata senza far caso alle stagioni e gli eventi della moda.

Chopova Lowena primavera estate 2021

© courtesy Chopova Lowena

L'aspetto artigianale del patchwork ha anche assunto una netta connotazione di genere, con diversi brand emergenti, tra cui Chopova Lowena, Sea, e Bode che hanno omaggiato generazioni di sarte, ricamatrici, artigiane di piumini e tappeti che li hanno preceduti. Dopo tutto, i lavori tessili erano storicamente riconosciuti come passatempi domestici, con donne che si facevano carico di cucire e rattoppare per tutta la casa. Come spiega Emily Bode, prima vincitrice del nuovo Karl Lagerfeld Award for Innovation introdotto da Woolmark l’anno scorso, i suoi delicati capi fanno ampio ricorso a “metodi di trapuntatura, disegno a mano e uncinetto tradizionali e di chiara ideazione femminile”. Persino Jonathan Anderson ha detto a Vogue Business che la sua idea iniziale per il cardigan di Styles era una versione punk di qualcosa che sembrava “fatto a mano, come l’avrebbe fatto la vostra nonna”.

Bode autunno inverno 2020 2021

© courtesy Bode

Con molte di queste collezioni primavera estate presto in vendita, il desiderio di sfilate patchwork non sembra scemare. Forse, sotto tutti questi impulsi diversi, ci sono il senso del comfort e il fascino della narrazione. Come osserva Clare Hunter in Threads of Life (Hodder & Stoughton, 2019), un libro che analizza il potere politico e sociale dei tessuti “cucire è un modo di lasciare traccia della nostra esistenza sulla stoffa: modellare il nostro posto nel mondo… e lasciare un’indelebile prova di noi stessi punto dopo punto”. Questa tangibilità e questo senso dello spazio possono magari fare al caso nostro in questo momento. Per quanto sia arduo trovare un senso a ciò che sta accadendo, c’è qualcosa di curiosamente rassicurante in un capo che ci mostra come tenere insieme le cose.

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