Nonostante il contesto a dir poco problematico causato dal Covid-19, Berlino inizia il nuovo anno ponendosi come un punto di riferimento internazionale per quanto riguarda
Unendo le forze con la fashion week locale, infatti, 202030 - The Berlin Fashion Summit (piattaforma interdisciplinare che intende riunire i creativi più avant-garde, gli investitori del settore e gli esponenti della società civile) sposa l’approccio digitale e, grazie al supporto di Studio MM04, affiancato per l’occasione dall’agenzia Sqetch e dal Beneficial Design Institute, lancia l’edizione 2021 dell’evento, all’insegna di un nuovo format in cui è la centrale il tema della collettività.
Sono stati chiamati a raccolta esperti ed innovatori di ambiti disparati (moda in primis, ma anche scienza, politica, tecnologia e così via), allo scopo di istituire un dialogo a tutto tondo sulle criticità dell’attuale fashion system, immaginando al tempo stesso soluzioni concrete e percorribili per un futuro della moda più sostenibile.
Il Summit, in calendario dal 22 al 24 gennaio è aperto a un pubblico ampio e variegato. Ogni giornata, presentando i risultati del Pop Up Think Thank, prende in esame cultura, economia, prodotto, con dimostrazioni, presentazioni delle migliori pratiche di ciascuna area, interventi affidati a relatori d’eccezione e panel di chiusura, in cui ricapitolare gli argomenti trattati e indicare nuove linee guida e scenari per l’industria fashion del futuro.
Tra i relatori spiccano personalità come la giornalista Bandana Tewari, Matthew Drinkwater - a capo della Fashion Innovation Agency del London College of Fashion, e Michael Braungart, ideatore del modello circolare cradle-to-cradle.
L’emergenza legata alla pandemia, e le conseguenti, drammatiche ricadute economiche, rendono ancora più rilevante l’operato di una piattaforma come 202030 - The Berlin Fashion Summit: appare ormai evidente come l’industria della moda sia fondata su un sistema obsoleto, ed è urgente accelerarne la trasformazione in chiave green, cogliendo in questo senso tutte le risorse, potenzialità e idee possibili.
La capitale tedesca, storicamente contraddistinta da un’atmosfera favorevole al cambiamento, di grande fermento, rappresenta perciò la cornice ideale per analizzare e mettere in discussione lo status quo.
Ramona Pop, vicesindaco della città e senatrice per l’economia, l’energia e le imprese, pone l’accento «sulla comprensione comune della sostenibilità che si va delineando tra Berlino e la sua fashion week, un elemento che si vuole ampliare sempre di più, un passo alla volta, insieme ad organizzatori e brand».
Tra le novità del Berlin Fashion Summit è il Green Button lanciato dal ministero dello sviluppo tedesco (BMZ), si tratta di un logo certificato che può essere apposto su quei capi d’abbigliamento, lenzuola e zaini che risultino in linea con i più rigorosi standard sociali e ambientali. Per poterlo utilizzare, le aziende produttrici debbono soddisfare numeri criteri, definiti dallo stesso ministero. Quelli inerenti il prodotto in sé sono 26, e includono il rispetto di standard sociali ed ecologici, tra cui un salario equo, la messa al bando del lavoro minorile e il divieto di utilizzare sostanze chimiche dannose per l’ambiente. Le verifiche nell’ambito dell’iter per ottenere il Green Button riguardano attualmente fasi di produzione come taglio, cucitura e tintura, ma nei prossimi anni verranno estese ad altri passaggi. Vengono esaminate anche le pratiche delle singole società, chiamata a dimostrare di assumersi le proprie responsabilità per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e il rispetto degli standard legati a società e ambiente. I criteri sono basati sui Principi Guida dell’ONU su Imprese e Diritti Umani e sulle raccomandazioni dell’OCSE riguardanti il settore tessile.
A vigilare sull’osservanza dei criteri sopracitati, in vista della certificazione necessaria a poter utilizzare il Green Button a nome del BMZ, sono enti di controllo indipendenti, il cui lavoro viene supervisionato dall’organismo di accreditamento nazionale (DAkkS) della Germania.