È stata una frontiera dell’immaginario. Un luogo cruciale d’incontro, di cui oggi non conosciamo il destino.
Dopo avere liberato il linguaggio del corpo e l’espressione
Il modello datato 1955 di un cappotto maculato in tessuto chiné, disegnato da Christian Dior per la sua musa Mitzah Bricard, ha costituito, per esempio, un punto di partenza della collezione Dior A/I 2020-21 di Maria Grazia Chiuri, che l’ha rivisitato pensando agli anni Ottanta e alle iconografie pop di Fiorucci e Warhol. Non senza affidare a Maripol, stylist di MadonnaLike a Virgin e sacerdotessa delle notti newyorkesi, il concept di una presentazione video della collezione, realizzata con immagini Polaroid create ad hoc e montate su ritmi disco.
D’altra parte, anche le robotiche creature di Boston Dynamics sono state recentemente postate su YouTube mentre danzano sulle note di un celebre brano di The Contours dei primi anni Sessanta.
Quel «Do you love me? (I can really move). Do you love me? (I am in the groove). Do you love me? (Now I can dance)», che pare riferito al loro sofisticato livello tecnologico, ma non manca di risvegliare anche in noi umani, sempre più immobilizzati e stanziali, una comprensibile voglia di movimento.
L’artista Jacopo Miliani, dal canto suo, sta invece lavorando a sceneggiatura e regia di un film che, intitolato La discoteca, verrà presentato al pubblico il prossimo autunno nel contesto del Gender Bender Festival di Bologna. Lo ha ambientato in un sistema futuro che promulga il distacco dalle emozioni, il non coinvolgimento interpersonale, il divieto di sudare o di arrossire.
(Continua)