Qualcosa rimane. Intervista a Francesco Ragazzi di Palm Angels

«In questo momento d’incertezza dobbiamo creare qualcosa che rimanga, che non sia destinato a sparire nell’etere». Pronunciata da Francesco Ragazzi – fondatore di un brand,

Palm Angels, che lui stesso ha definito «figlio di uno smartphone, di Instagram e dei social network» –, questa frase sembra più di una semplice dichiarazione d’intenti. È una promessa di futuro. Nel tempo sem­pre più sospeso, fluido, virtuale per necessità, Ragazzi ha scelto di presentare la nuova collezione attraverso un oggetto fisico, tangi­bile – qualcuno direbbe persino obsoleto: un libro, Palm Angels, pubblicato da Rizzoli New York in edizione limitata, da «tenere sul comodino, per ricordarci quello che abbiamo vissuto».

Francesco Ragazzi in un ritratto di Rosie Marks.

La Palm Angels P/E 2021 prende forma sulla carta stampata come un racconto a più voci: la campagna fir­mata da David Sims, con lo styling di Karl Templer, si alterna con gli scat­ti delle fotografe emergenti Rosie Marks e Lea Colombo, gli artwork dell’ottantaseienne Enzo Ragazzini, le composizioni astratte dei pittori Friedrich Kunath e Thrush Holmes, le opere del graphic designer Javier Jaén (ideatore dell’orsacchiotto sen­za testa diventato uno dei simboli del marchio) e del visual artist Javier Calleja. Una community eteroge­nea che riflette lo spirito anarchico di Francesco Ragazzi, e quel «caos creativo» da cui nel 2015 è scaturito il brand: iniziò tutto nel 2014 con un altro libro, Palm Angels, una raccolta di fotografie in cui Ragazzi, allora di­ rettore artistico di Moncler, ritraeva gli skaters di Venice Beach.

Questo nuovo volume pare un ritorno alle origini. Nostalgia?
Sono un romantico, e ho sentito l’esigenza di tornare a qualcosa di fisico per costruire nuove basi. Col lockdown abbiamo dovuto rinuncia­re a tante emozioni, siamo stati som­mersi dalla finzione del digitale. Se il primo libro è stato un punto di inizio, questo vuole essere un’altra pietra miliare nella storia di Palm, un punto di arrivo e di ripartenza.

Com’è cambiato Palm Angels?
Sono partito da solo, mentre oggi il brand si sta evolvendo verso una maggiore contaminazione: per me è fondamentale avere accanto le per­sone giuste. Nel primo libro c’erano solo le mie fotografie, questo è frutto di collaborazioni diverse: è come un moodboard personale, o un feed In­stagram, in cui le immagini di quelli che segui riflettono la tua personalità. Sono i contrasti a creare energia. Per questo ho voluto che anche il mio team diventasse parte del libro, grazie agli scatti di Rosie Marks. 

Un accessorio della P/E 2021 di Palm Angels. Immagine di Lea Colombo.

Quali sono le fantasie che hanno dato origine ai capi?
È una collezione nata sul divano di casa e creata virtualmente, durante il lockdown. Da qui l’esigenza di im­maginare un mondo diverso: mi sono ispirato a un viaggio caraibico in Giamaica, mescolando i codici delle uniformi militari con elementi della cultura reggae, tonalità vivide e con i colori della bandiera giamaicana. La collezione sviluppa una storia in tre “atti”, che usciranno in momenti dif­ferenti: Military a febbraio, Fishing Club a marzo e Exodus a maggio.

Un accessorio della P/E 2021 di Palm Angels. Immagine di Lea Colombo.

La campagna è firmata da David Sims, lo styling è di Karl Templer, due grandi nomi. Una “prima volta” per il brand. Com’è andata?
È stata la conferma che i migliori ta­lenti sono spesso le persone più sem­plici e disposte ad ascoltare. Questa per me è la base della creatività e del­ l’umanità: hanno saputo interpretare la mia visione dal loro punto di vista. È quello che ho sempre sognato.

Immagine di Lea Colombo.

(Continua)

In apertura: outfit della P/E 2021 di Palm Angels.

Leggete l'intervista integrale sul numero di febbraio di Vogue Italia, in edicola dal 5 febbraio

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