Moda sostenibile: la collezione “Truth Fiction” di Joao Maraschin

Si chiama “Truth Fiction” la seconda collezione di moda sostenibile del designer brasiliano Joao Maraschin (presente nel numero di settembre 2020 di Vogue Talents). Il designer, di base a Londra, ha

sviluppato la collezione durante la pandemia, lavorando a distanza con tre diverse community di artigiani in Brasile. Il lavoro di Maraschin è incentrato sull’importanza di mantenere vive le tecniche artigianali tradizionali, utilizzando materiali nuovi e inaspettati per creare capi luxury senza tempo. La chiave del lavoro di Maraschin, come designer di moda sostenibile, si trova nella relazione orizzontale che mantiene con le comunità di artigiani con cui collabora, perché crede nell’idea dell’evoluzione costante di un processo che nasce dal concetto a spirale, per cui le idee evolvono a mano a mano che si espandono verso l’alto. Un altro caposaldo dell’ex studente del London College of Fashion è l’idea del tempo che passa, e di come l’età e la bellezza vengono percepiti, mettendo in discussione gli standard prestabiliti, in difesa della bellezza dell’invecchiamento. Joao Maraschin attraverso il suo brand vuole dimostrare che la moda può (e deve) avere un impatto positivo e al contempo essere sempre impegnata dal punto di vista sociale e politico.

Cosa ha ispirato “Truth Fiction”, la tua seconda collezione?

“Truth Fiction” parla di quello che è davvero realtà e di quello che è davvero finzione, una domanda che ci siamo fatti tutti noi quest’anno. Ho anche riflettuto su questo tema applicandolo al mio processo creativo e ho capito l’importanza della ricerca come strumento per un brand, per questo la mia seconda collezione si ispira alla mia prima ricerca, all’opera dell’artista brasiliano José Leonilson. Quello che ho fatto è stato cercare materiali inusuali, quelli che non sono normalmente utilizzati per creare un capo di abbigliamento, e li ho trasformati in tessuti, tanto che se li guardi non ti accorgi da dove hanno origine, ad esempio, se vedi uno dei miei vestiti neri, solo se li osservi da vicino ti accorgi che è stato realizzato con delle camere d’aria.

Com’è stato sviluppare una collezione durante la pandemia, realizzata da artigiani che vivono a migliaia di chilometri da te?

Per questa seconda collezione ho lavorato con le stesse community di artigiani in Brasile con cui avevo già collaborato per la prima. Il nostro lavoro è stato un po’ più semplice perché ci conoscevamo già. Prima della pandemia sono stato in Brasile due o tre volte per lavorare con loro, vis à vis, e abbiamo imparato a capire come lavorare e come bilanciare al meglio le nostre modalità. Non ho iniziato a lavorare con collaboratori nuovi perché c’è il problema degli spostamenti e per me è importante lavorare insieme, sul posto. Ho incluso solo una terza community che opera nella mia città natale in Brasile, un gruppo di donne anziane che creano maglieria che avevo già incontrato personalmente.

Parlaci del tuo rapporto con le community.

Credo nel’idea di un rapporto a lungo termine per creare opportunità e un lavoro sicuro, per continuare a prosperare in questi anni così difficili. È anche importante che le tecniche che sviluppiamo insieme si consolidino e diventino sempre più interessanti nel tempo. Il mio business model e il modo in cui desidero lavorare è collaborare non con cento, ma con dieci community per farlo in modo costante e dare loro sicurezza per quanto riguarda il lavoro.

Quali sono le tecniche principali e i nuovi materiali che hai usato per questa collezione?

I ricami sono la prima cosa che ho sviluppato e mentre ne parlavo con gli artigiani ho capito che avevamo le stesse idee. Abbiamo creato un ricamo in filo di cotone, e l’idea era disegnare cose o persone a cui teniamo. Ad esempio, io ho disegnato mia nonna e i miei occhiali, un’artigiana di ottantuno anni che sta per sposarsi ha disegnato se stessa con il suo compagno che indossa il suo abito da sposa, è il capo più speciale e più significativo. E ci sono anche messaggi politici, con le scritte ‘pandemia’ o ‘Fuori Bolsonaro’, perché credo che la moda abbia anche un ruolo politico e sociale. Alcuni dei ricami hanno frange non finite, c’è un’intenzione simbolica, chiunque potrà finire il lavoro, ricamare la propria storia sopra la nostra, e far crescere questa rete.

Hai utilizzato anche filati di gomma per alcuni dei capi: come ti è venuta l’idea?

Vado di più in bicicletta in questo periodo, e questo significa che ho bucato molte gomme, mi è successo così tante volte che ho deciso di inserire questo materiale nella mia pratica. Me ne sono procurate molte nei negozi di bici vicino casa , le ho lavate e le ho tagliate in fili sottilissimi e ho fatto una prova creando un capo tricot. Quando ho mandato la foto all’artigiana che è a capo della community, lei mi ha detto che erano tutti entusiasti di lavorare con questo nuovo materiale e vedere cosa ne sarebbe venuto fuori. Alla fine abbiamo utilizzato le camere d’aria di bici, automobili e camion. Ho creato un vestito e un paio di pantaloni in questo materiale, per ciascun capo ci vogliono circa sessanta camere d’aria. Ho anche sviluppato un modello di scarpa in collaborazione con la footwear designer Tabitha Ringwood fatta interamente in gomma, usando solo colla e senza cuciture, ed è venuta molto bene.

Hai lanciato il tuo e-commerce alla fine del 2020. Quali sono le tempistiche di consegna ai clienti?

Ho due linee, una è pronta per la consegna e un’altra è ‘pre-order’. Quella già pronta viene consegnata entro una settimana; per quella da pre-ordinare ci vogliono tre o quattro settimane e le consegne iniziano un mese dopo. E questo perché rispetto i tempi delle community, le mie collezioni comprendono quasi interamente capi artigianali e fatti a mano. Non voglio mettergli fretta, credo che il lavoro che facciamo valga l’attesa, ed è così che voglio che il brand venga visto.

Progetti per il futuro?

Sto lavorando alle idee per la mia terza collezione e alla possibilità di aprirmi a un nuovo territorio, lavorando con artigiani del Senegal attraverso un progetto di residenza artistica per cui ho fatto domanda. Il lavoro con le community in Senegal è diverso da quello che porto avanti in Brasile, perché non hanno abilità specifiche ma sono desiderosi di imparare e offrire la ricchezza del loro quotidiano. Quindi, dopo due collezioni in cui ho imparato a relazionarmi con le community, in questa terza fase mi piacerebbe sperimentare una collaborazione con un Paese diverso.

Related Articles