Antologia di Casa Vogue. L’Ultima cena del Nouveau Réalisme

Per Milano fu un fine settimana particolare. E non solo per la notizia dell’attentato di cui fu vittima papa Paolo VI a Manila quando, per

pochissimo, una coltellata non risultò fatale, né per le manifestazioni operaie che si impadronivano del centro cittadino, fino a contestare con un picchetto il progetto di Christo di impacchettare la statua equestre del re in piazza Duomo. A fare notizia e scandalo, seppure per l’ultima volta, fu l’invasione e appropriazione di piazze e monumenti da parte degli artisti novo-realisti, come li definiva Mimmo Rotella (anch’egli del gruppo). A dieci anni dalla sua fondazione il movimento del Nouveau Réalisme celebrava la sua autoestinzione. Era il novembre 1970, ci sarebbe piaciuto ricordare l’evento giusto 50 anni dopo (anche 60, a ben vedere); lo facciamo con un piccolo ritardo, non ce ne vorrete. 

Casa Vogue, come fa ancora spesso, non parlava allora di architettura e design in senso stretto, ma di città e del rapporto che l’arte ha con essa; di come vi interviene, la modifica, anche solo per poco; e di come i cittadini reagiscono (che è la cosa in fondo più importante). L’articolo si concentra soprattutto sull’evento conclusivo dei tre giorni di happening, vale a dire la cena che venne imbandita nel Biffi in Galleria Vittorio Emanuele II. Seppure ridimensionato, il celebre ristorante è ancora lì’, come il suo “rivale”, il Savini. Per raccontare quella cena vennero pubblicate le foto realizzate da Enrico Cattaneo, anzi i fogli dei provini che pescò dal suo sterminato archivio. Sono foto fatte di corsa, sperando che la luce e l’inquadratura funzionino subito e contando i clic per economizzare al meglio. 

Scomparso nel 2019, Cattaneo è stato uno dei grandi testimoni e documentatisti delle vicende artistiche milanesi per 50 anni. Fortunatamente è attivo un archivio che ha sede nella sua casa-studio di sempre, in via San Gregorio 44. Non era l’unico fotografo allora presente. Ricordato da Cattaneo nel suo intervento nell’articolo, c’era anche un altro maestro attivissimo a Milano, Ugo Mulas. E non solo: una serie di scatti interessanti vennero realizzati anche dal duo Harry Shunk e János Kender, i fotografi “ufficiali” dei Nouveaux Réalistes, in virtù del  loro legame con la celebre gallerista parigina Iris Clert che era il punto di riferimento del movimento. Sempre per chi vuole approfondire: un ottimo sito dedicatohttp://nouveaurealisme.weebly.com/; da leggere infine come Rotella ricordava, tutto a modo suo, l’evento nella sua biografia “Autorotella”, edita da Sugar nel 1972 e poi ristampata una decina di anni fa, ma si trova in pdf in rete. L’articolo apparve su Casa Vogue aprile 2012. 

Ah! Ultimissima cosa: vedrete che i provini sono riproposti tali e quali; bianchi e neri a volte sovraesposti e bruciacchiati; poi tanta gente, confusione, festa, allegria. Chi erano tutti quei personaggi? Ne indichiamo alcuni: il signore magro in smoking che taglia la torta è Daniel Spoerri; con baffoni, capelli ricci lunghi nel collo e occhiali è Pierre Restany; il gallerista e organizzatore dell'evento Guido Le Noci è il signore seduto da solo ed evidentemente esausto in mezzo a tutte le sedie; Arman è in cappotto con maxi revers e Borsalino un po’ gangster. Ultimissimissima cosa: le luci a sospensione del Biffi, probabilmente le riconoscerete, sono le Splugen di Flos, design Achille e Piergiacomo Castiglioni. Già un classico a pochi anni dalla loro creazione. (Paolo Lavezzari)

Provini a contatto delle foto scattate da Enrico Cattaneo al Biffi in Galleria, a Milano.

«Mai visto tanta gente rispondere all’appello dell’arte – otto-diecimila persone circa», scrisse Dino Buzzati sul Corriere della Sera. Per Milano, quei tre giorni di fine novembre 1970 furono davvero movimentati: i festeggiamenti per i dieci anni del Nouveau Réalisme misero in subbuglio la città. Più che l’apertura della mostra antologica alla Rotonda di via Besana, furono le performance pubbliche a dare al clima un tono frizzante, causando anche qualche intervento delle forze dell’ordine. Christoaveva impacchettato il monumento a Leonardo in piazza della Scala; Jean Tinguely aveva bruciato in piazza Duomo un gigantesco fallo dorato; François Dufrêne aveva declamato, imitando il Duce, la parodia di un discorso fascista; Niki de Saint-Phalle si era esibita con una carabina in quelli che chiamava “tiri di pittura”; César aveva invaso l’Ottagono della Galleria con una “Expansion” di poliuretano; Martial Raysse aveva proiettato giochi di luce nel cielo; Arman aveva distribuito mini-accumulazioni di rifiuti e Mimmo Rotella, a Brera, aveva lacerato giganteschi manifesti pubblicitari. La festa era però il rito funebre (autocelebrato) del Nouveau Réalisme: il voluto ritrovarsi degli esponenti del gruppo era stato deciso per dichiararlo estinto. 

© Enrico Cattaneo

A suggello, una “Ultima cena” che Daniel Spoerri, membro fondatore del gruppo, organizzò per sabato 28, da imbandire al Biffi in Galleria Vittorio Emanuele II. Anch’essa era intesa come performance: Spoerri chiese infatti agli artisti di tradurre la propria arte in vivande, così da “fagocitare” letteralmente l’idea che li teneva legati tra loro e al critico ispiratore, Pierre Restany. Dell’organizzazione della cena si occupò Guido Le Noci, che, nella sua Galleria Apollinaire, proponeva i Nouveaux Réalistes a Milano. 

© Enrico Cattaneo

«Quando arrivai in città», ricorda Spoerri, «Le Noci aveva già trovato anche uno sponsor per la cena». Era la Motta, alle cui cucine vennero affidate alcune portate da servire al Biffi. «Incontrammo lo chef pasticciere Villa, che aveva fatto anche studi d’arte», continua Spoerri, «e ci accordammo sulla realizzazione della torta a forma di tiara pontificale: un omaggio a Restany». Altri piatti uscirono dalle cucine del Biffi secondo le disposizioni degli artisti e seguendo i disegni-progetto riuniti da Spoerri sul manifesto dal titolo “L’ultima cena, banchetto funebre del Nouveau Réalisme”, firmato in calce dagli esponenti del gruppo. 

© Enrico Cattaneo

Menu: Arman propose accumulazioni d’anguille, di pesci e di cosce di rana in gelatina; César compressioni di bonbon al liquore e budino; Christo pesce “impacchettato” al cartoccio; Niki de Saint Phalle disegnò una “Nana” di gelato e un orologio liquido; Raysse progettò un nécessaire per trucco di marzapane; Rotella la maquette di un bidone dell’olio Shell. Raymond Hains creò una gigantesca torta di noci decorata da glassa rosa e da mille candeline la cui accensione spettava ai commensali; le noci erano in onore del gallerista, le candeline erano mille per un gioco di assonanze con Milano, mentre la glassa era un omaggio al maestro, scomparso giusto due anni prima, Marcel Duchamp, e al suo alter ego Rrose Sélavy. 

© Enrico Cattaneo

La cena fu affollatissima. Il fotografo Enrico Cattaneo si ritrovò tra i tavoli del Biffi quasi per caso. «Non pensavo di andarci, non avevo nemmeno più rullini», ricorda. Ma l’occasione era unica e Cattaneo intercettò tra la folla Ugo Mulas, da cui si fece restituire i tre rullini che gli aveva prestato qualche settimana prima. Caricate due fotocamere, cominciò a scattare, in condizioni non proprio agevoli, come dimostrano i fogli dei contatti che raccolgono tutti gli scatti dei preziosi rullini pubblicati in queste pagine: ogni artista sedeva – tra amici, collezionisti, mercanti – al proprio tavolo, su cui campeggiava la relativa creazione d’arte commestibile. Il vocio degli invitati saliva prepotente, si levavano i calici e la cortina di fumo che sovrastava le teste si faceva sempre più densa. «Qualcuno, forse Tinguely e altri, si rifugiò nell’altro Biffi, in piazza Scala», ricorda Cattaneo. 

© Enrico Cattaneo

Nel disordine, il flash fissa anche immagini che, a quarant’anni di distanza, raccontano tante storie. Come il momento del taglio della torta dedicata a Restany; a impugnare il coltello non è però il critico, che compare sullo sfondo con un’espressione tetra, ma Spoerri. Una vendetta sta per essere consumata: Spoerri vuole in realtà distruggere la torta «per dimostrare a Restany che non era un papa». Il tentativo però non riesce: «Non sapevo», ammette Spoerri, «che in torte così grandi i pasticcieri mettessero dei sostegni, così il coltello si fermò al primo strato di legno che incontrai». 

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