Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull'Autismo 2021

2 aprile 2021. Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull'Autismo. Un appuntamento, come sempre, che accende un effimero faro di luce su un tema spesso dimenticato, spesso

mal interpretato, spesso poco conosciuto. Un tema che non coinvolge solo bambini (ancora oggi, infatti, l'autismo è classificata come patologia dell'infanzia come se si guarisse automaticamente superati i 18 anni) ma uomini e donne che hanno a che fare con una realtà tanto sfaccettata quanto brutalmente racchiusa sotto un unico ombrello che tutto ingloba, poco spiega, molto tralascia.

Parlare di autismo, oggi 2 aprile, significa in primis parlare di famiglie che vivono quotidianamente il contatto con una neurodiversità che, come abbiamo sottolineato, può assumere varie forme e varie specificità: autistico è tanto chi soffre della sindrome di Asperger quanto chi ha un'invalidità stimata al 100%. D'altro canto, con un termine che fa rabbrividire, si parla di "autismo ad alto funzionamento" per tutti i casi in cui l'autismo si manifesta senza disabilità intellettiva, disturbi neurologici e quando c'è capacità di linguaggio verbale.

Il che significa che autismo è anche disturbi neurologici, incapacità di esprimersi verbalmente e disabilità intellettiva, discinesia, comportamenti oppositivi. Ma di quanti bambini, ragazzi e adulti parliamo? Incredibile a dirsi: non si sa. Come sottolinea l'ANGSA, l'Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo, mentre negli Stati Uniti vengono da anni condotte ricerche approfondite, in Italia esistono pochissimi dati pubblici sulle persone coinvolte dalle sindromi dello spettro autistico.

E se da un lato, anno dopo anno, si moltiplicano le "presunte verità" sulle possibili cause e cure dell'autismo (dalle "mamme frigo", alle guarigioni miracolose) dall'altra la certezza per le famiglie di ragazzi e ragazze (e uomini e donne) autistici rimane una sola: la solitudine. Come infatti sottolinea amaramente il giornalista sportivo Mimmo Pesce, padre di un ragazzo autistico, "Il mio 2 aprile inizia il 1 gennaio e finisce il 31 dicembre".

La situazione oggi più che mai per il mondo dell'autismo ha assunto tonalità "molto serie" (per non scadere nella retorica del dramma a tutti i costi), rese ancora più serie dalla pandemia che ha costretto genitori e figli in casa, producendo un inevitabile cambiamento della routine che, nel caso di soggetti affetti dalla sindrome autistica, più che essere destabilizzante, è dolorosa. Tanto per i ragazzi, quanto per i genitori.

Per parlare di autismo e di lockdown abbiamo intervistato Gianluca Nicoletti, giornalista, speaker radiofonico di Radio24 e padre di Tommy che è affetto da sindrome autistica. L'intervista però non è al Nicoletti padre o giornalista, bensì al Nicoletti portavoce dell'associazione Per Noi Autistici che, dalla sua fondazione ad oggi, parla di genitori e ai genitori, cercando di creare networking tra famiglie e puntando a dare un'informazione sempre corretta e mai sensazionalistica su un tema tanto delicato e importante.

Buongiorno Nicoletti

"Buongiorno"

Nella giornata della consapevolezza sull'autismo del 2021 viene da chiedersi: qual è la consapevolezza sull'autismo nel 2021?


"Me lo chiedo. Ed è terribile che proprio io, o Elio [il fondatore degli Elio e le Storie Tese, anche lui padre di un bambino autistico, ndr.], persone con enormi privilegi, siamo qui a chiedercelo. Ci guardiamo in faccia e ci domandiamo: ma cosa è cambiato? Cosa è cambiato per noi e per i nostri ragazzi? Ogni 2 aprile ci sono manifestazioni, parate, poesie, fasce tricolori, abbracci commossi, applausi e poi? Quali sono le modifiche della società? Cosa cambia per i nostri figli? Niente. Non cambia niente. Nessuno prende più coscienza del problema più di quanto non l'abbia fatto il giorno prima o di quanto farà il giorno dopo".

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Facciamo tabula rasa allora. E partiamo dall'inizio: come si può raccontare l'autismo in modo adeguato e in grado di far conoscere questa realtà?\

"Le famiglie vivono quotidianamente nell'isolamento e quindi nell'incapacità, a loro modo, di poter raccontare questo mondo. A questo bisogna inoltre aggiungere lo stigma che da sempre coinvolge la neurodiversità per cui è difficile parlare di questo tipo di realtà. Bisognerebbe andare alla radice del tema e dire le cose come stanno: "Un bambino può nascere con una neurodiversità. Non è una colpa né deriva da responsabilità dei genitori. Ma bisogna sapere che un bambino, con un percorso precoce e adeguato, può arrivare ad essere un adulto con enormi margini di autonomia. Iniziamo da questo. Iniziamo dalla verità".

Le famiglie però si sentono spesso abbandonate a loro stesse...\

"Il problema, vedi, è che più legato agli adulti autistici che ai bambini. Per i bambini ci sono dei protocolli abbastanza ben conosciuti e bisognerebbe essere davvero in cattiva fede per non voler fare nulla per il proprio figlio. Ma valicato il muro dei 18 anni ecco che l'autistico scompare. Diventa invisibile. Non ci sono luoghi per lui, non ci sono possibilità strutturali per la sua inclusione nella società, non c'è alcuna possibilità se non quella che singolarmente possono costruire i suoi genitori. Io, per Tommy, sto cercando di costruire un futuro: sono anni che provo a creare una casa/luogo in cui persone con neurodiversità e non possano cooperare insieme e crescere anche professionalmente, lavorativamente, arricchirsi vicendevolmente per arrivare ad avere il diritto costituzionalmente garantito all'autodeterminazione. Per realizzarlo ho bussato a mille porte e ho ricevuto quintali di parole vane. E tonnellate di frustrazioni."

Hai capito perché?\

"Certo. Perché i ragazzi autistici sono un business. Una volta soli, una volta che i genitori sono scomparsi o non possono più occuparsene, diventano una vera e propria rendita per alcune realtà che hanno come solo obiettivo quello di mantenere in vita più a lungo possibile i loro assistiti poiché, ciascuno di loro, vale una "rendita" corrisposta dallo Stato. Mantenere in vita il più a lungo possibile, però. Non vivere. Sedati, tenuti buoni, a lungo. Sempre più a lungo. Un inferno."

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Quanto ha impattato il lockdown sulla stabilità emotiva di Tommy? E quanto sulla tua?\

"Lo dico con sincerità perché fino a qui sono stato sincero e dove non c'è dramma è giusto che non lo inventi: Tommy tutto sommato è più sereno adesso di prima. Ha le sue cose, la sua casa, ha la routine più felice. Io al mattino faccio la diretta Radio24 con lui di fianco. Il suo problema erano gli imprevisti e, ora come ora, di imprevisti non ce ne sono più. Dipinge molto di più. Per la mia situazione che posso definire tutto sommato tranquilla, però, so che ci sono altre realtà insostenibili, con bambini piccoli, magari con comportamenti fortemente oppositivi che sono costretti in casa con genitori che non hanno più nemmeno le poche ore dell'asilo per rifiatare".


Parlando di lockdown, qual è la situazione dei vaccini?

"Elio solo due giorni fa ha fatto un appello chiaro: vaccinate i ragazzi con disabilità e i loro famigliari. Io sono settimane che denuncio il lungo silenzio delle autorità sul tema vaccini e disabilità mentale: le associazioni di questo mondo hanno per prime parlato di un incomprensibile silenzio da parte del Ministero della Salute che solamente in ultimissima battuta ha iniziato a considerare il tema. Ora sono contento di poter dire che Tor Vergata ha dato il via alle vaccinazioni per i ragazzi autistici ma rimane comunque il tema che ogni regione fa da sé. In molti genitori ci scrivono per capire e segnalare casi di silenzio dell'autorità in questo senso. O, per meglio dire, "anche" in  questo senso".

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Il 2 aprile è solo un giorno su 365: cosa può fare la società, cosa possiamo fare concretamente per cambiare la situazione ed evitare gli "spot" di un giorno?

"Le aziende gli enti dovrebbero fare sensibilizzazione ai dipendenti. Ma non per "trattare" l'autismo ma per far comprendere ai loro dipendenti che hanno "cervelli ribelli" o hanno a casa ragazzi e ragazze affetti da neurodiversità che il tema è preso in considerazione. E poi, come ho detto, l'autorità deve iniziare a parlare di uomini e donne austistici, di anziani autistici, non solo di bambini. E deve farlo subito".

Alla voce di Gianluca Nicoletti  abbiamo voluto associare anche quella del professor Giovambattista Presti, professore associato all'Università di Kore Enna, membro del Board of Advisors del Cambridge Center for Behavioral Studies, presidente della società italiana degli analisti del comportamento in campo sperimentale e applicato (SIACSA).

Ripeto la domanda fatta a Nicoletti: qual è la consapevolezza sull'autismo nel 2021?\

"Il termine autismo ormai è entrato tristemente nella vulgata e nella "cultura popolare". Dico tristemente perché sempre più spesso è utilizzato con valenza dispregiativa anche, e questo è sconcertante, in sedi istituzionali. Al contempo, però, per quanto riguarda la conoscenza dei disturbi dello spettro autistico e gli atteggiamenti che si possono concretamente mettere in campo, a tal proposito, per rapportarsi con persone autistiche, la strada da fare è ancora enorme. Enorme. Si fa pochissimo sul piano dell'inserimento scolastico, sul piano dell'inserimento sociale, sul piano dell'inserimento lavorativo."

Per la sua esperienza, come ha impattato il lockdown sui bambini, ragazzi e adulti autistici?

"Il lockdown ci ha di fatto privato dell'opportunità "adattarci" al mondo. Una vera e propria deprivazione di esperienze. Le persone affette dai disturbi dello spettro autistico soffrono particolarmente questa mancanza di possibilità di adattamento. Il lockdown è sostanzialmente intervenuto negativamente perché ha minato i fondamenti di adattamento rispetto al mondo e nell'apprendere come interagire con il mondo. Volendo, ovviamente, degenerare poiché il lockdown ha avuto effetti in base alla posizione che il disturbo di ciascuno occupava nello spettro autistico."

E per quanto riguarda le famiglie, professor Presti?

"Le famiglie non sono state assolutamente aiutate. I provvedimenti non hanno considerato la disabilità e i disabili non sono stati protetti dal covid-19. Le famiglie hanno avuto un carico di stress enorme: l'emergenza ha portato a dover smantellare intere unità di neuropsichiatria infantile e i neuropsichiatri hanno avuto enormi difficoltà a poter seguire i loro piccoli pazienti. Se nel primo lockdown tutto questo è stato drammaticamente comprensibile, lo diventa un po' meno quando si parla di una seconda e terza ondata. E non sto parlando di medici e di operatori che son sempre stati perfettamente consapevoli della situazione che si stava venendo a creare, ma di chi non ha messo questi medici e questi operatori nella condizione di poter continuare a prestare il loro servizio." 

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