Un racconto sentimentale

Il racconto del nostro vissuto avvicenda e intesse svariate esperienze, incontri e aneddoti, relazioni e fatti per noi indimenticabili, fondanti e formativi, che perlopiù associamo

a delle date, dei precisi lassi di tempo. Anni, mesi, età, ore del giorno o della notte, ma anche civici di vie e portoni o numeri di telefono impressi in modo indelebile nella nostra memoria. E, per quanto mi riguarda, anche e soprattutto numeri, calcoli e formule matematiche che rimandano ai miei primi rapporti diretti con opere, mostre e artisti come Sol LeWitt, ad esempio, in assoluto il primo di nazionalità americana che ho conosciuto.

A introdurmelo è il critico Flavio Caroli, che lo include nella sua mostra Europa America. L’astrazione determinata 1960/1976 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. E che fa arrivare in città il grande teorico e fautore della Conceptual Art made in Usa assieme a un gruppo di disegnatori delegati a eseguirne le opere, interpretando una serie di sue stringate istruzioni scritte. Come degli spartiti di parole da tradurre in disegni su parete, che ai tempi vengono realizzati a grafite, in positivo e in negativo, su sfondi bianchi o neri, configurano una mutata visione dell’opera, che affida all’organizzazione controllata di linee e geometrie semplici la possibilità di mutare e di adattarsi allo spazio di pareti e ambienti diversi. A Bologna doveva trattarsi di Ten Thousand Lines about 10 Inches Long, Covering the Wall Evenly, una composizione di tratti disposti in ordine casuale e sovrapposti su sfondo bianco che, a partire da una formula molto semplice e da un numero come 10.000, emblematico di una quantità inconcepibile, culminava in un caotico astratto risultato finale.

“Sol LeWitt”, catalogo della monografica tenutasi al MoMa nel 1978, collezione personale di Mariuccia Casadio.

© LeWitt, Sol, 1928-2007

L’incontro con LeWitt mi ha rivelato una persona ben più sensibile alla causa femminile e alla lotta politica di quel che avrei mai potuto immaginare. E posso certamente considerarlo uno dei miei più sensibili e raffinati mentori. Nel febbraio del 1977 sono a New York per la prima volta ed è lui a introdurmi il mondo delle gallerie di SoHo. E sempre per lui ritorno a New York nel 1978, in occasione della prima retrospettiva al Museum of Modern Art, dove Sol LeWitt, figlio di emigrati ebrei russi e raffinato conoscitore dell’arte europea, ex militare durante la guerra di Corea e grafico nello studio dell’architetto I.M. Pei, ha lavorato come guardiano intorno al 1960.

(Continua)

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