Lena Waithe ci parla della sua nuova serie TV Them

È stata la prima donna black a vincere un Emmy per la migliore sceneggiatura di una serie comedy (è la co-autrice dello straordinario episodio ‘Thanksgiving’ nella

serie TV di Aziz Ansari del 2015, Master of None): Lena Waithe, sull’importanza dell’inclusione nell’entertainment industry, ne sa qualcosa. E anche di cosa vuol dire passare dalle parole ai fatti. 

In questi ultimi anni l’attrice, scrittrice e produttrice ha preso parte ad alcuni dei progetti più chiacchierati di Hollywood, come il thriller Queen & Slim (2019), storia di due amanti in fuga, il pungente show satirico Dear White People (2017 – in corso), e la drammatica e commovente serie di formazione The Chi (2018 –in corso ).

Waithe, 36 anni, donna black e queer nata a Chicago, non si è mai tirata indietro quando si è trattato di creare uno spazio per la sua identità intersezionale nel suo lavoro, incoraggiando il dibattito sulla rappresentatività degli artisti black e di altre minoranze nell’industria dello spettacolo. 

Queen & Slim (2019)

© Photography Shutterstock

Di recente Waithe ha unito le forze con Häagen-Dazs, che ha lanciato la sua campagna #ThatsDazs donando 100 mila dollari al nuovo Hillman Grad Mentorship Lab di Waithe che offre una piattaforma per valorizzare il loro lavoro ai creativi meno rappresentati in tre categorie dell’industria dell’entertainment— scrittura per la TV, recitazione e sviluppo esecutivo.

Waithe ha parlato con Vogue di Them, la sua nuova, attesissima serie su Amazon Prime, del suo programma di mentorship per i creativi meno rappresentati e dell’importanza di parlare apertamente dei nostri traumi.

Dai vita a personaggi black estremamente complessi, a volte imperfetti, cosa per cui sei stata a volte criticata. Perché è così importante per te portare sullo schermo esseri umani veri, con i loro difetti?

“Fingere di non avere difetti è come dire che non siamo umani. E io sono la persona più umana che conosca. E so bene che sbaglierò, in amore, nel mio lavoro, nella vita. Mi riservo il diritto di essere una persona. Tutti noi che siamo pro-black, pro-brown, pro-queer dobbiamo anche difendere le nostre cicatrici, le nostre complessità. A tutti può capitare di vivere esperienze traumatiche, e non possiamo colpevolizzarci. E se l’idea di non mostrare agli altri i nostri traumi in questo settore è comprensibile, non è sostenibile. I film non possono essere tutti carini o felici. Alcune delle nostre opere d’arte più importanti hanno a che fare con il dolore più profondo. Voglio scrivere di cose che mi tengano sveglia la notte”.

© Amazon Prime Video

Una volta hai detto: “Molte delle donne che vedo nel mondo sono molto simili a me. Esistiamo. E dare loro visibilità era la cosa più importante ed entusiasmante”. Perché è così fondamentale che le persone si vedano rappresentate sullo schermo?

“Perché le persone hanno bisogno di sapere che non saranno cancellate. Vogliamo riservarci il diritto di difenderci. Si tratta di un processo, non facile, ma, indovina un po’? Le rivoluzioni non sono mai facili. Se non riconosciamo prima di tutto le nostre esperienze, il nostro dolore, allora l’oppressore dirà che non sono mai esistiti”.

Siamo vicini a una Hollywood davvero inclusiva?

“Non lo siamo affatto. Certo, se ne parla molto, ma lì le cose sono ancora gestite da persone che non sono come noi. L’arte è un riflesso della società. Non molto tempo fa venivano dette e fatte cose al cinema e in TV che oggi, più o meno dieci anni dopo, sono considerate estremamente offensive. Possiamo solo imparare dai nostri errori”.

Sei produttrice esecutiva della serie TVThemin arrivo su Amazon Prime che, a giudicare dal solotrailer, qualcuno ha paragonato aUsdi Jordan Peele (2019). Cosa puoi dirci della serie, in attesa dell’uscita il 9 aprile?

Little Marvin (il creatore della serie, NdR) è un artista. Questa è la sua prima serie TV e di sicuro darà fastidio a qualcuno. Scatenerà delle reazioni. Non sarà facile da guardare, ma sarà indimenticabile. Sono proprio queste le cose di cui voglio far parte, progetti che non verranno dimenticati. Qualcuno sta già criticando, ma qui non si tratta di sfruttare la sofferenza delle persone black. Si tratta di non permettere che il mondo si comporti come se a noi, persone black, le cose andassero bene così. Ma c’è un motivo per cui non ci vanno bene. Anche se la serie è ambientata negli anni 50, quello che è accaduto allora ha un impatto ancora oggi. Non possiamo avere paura di raccontare queste storie, perché queste cose sono successe davvero, ca**o”.

Anche quando affronti tematiche serie nel tuo lavoro, non fai mai la morale, non risulti mai cinica. Si tratta di una decisione consapevole?

“Assolutamente sì. Non mi va che si faccia la morale, non è una cosa che mi piace. Cerco sempre di far vedere entrambi gli aspetti delle cose. Credo sia importante che l’arte rifletta i problemi reali dei nostri tempi, ma due personaggi in una scena dovrebbero avere pareri opposti, altrimenti quella scena non è più interessante. Voglio che il pubblico dopo aver visto quella scena dica: “Be’, cavolo, mica lo so come mi sento”! Voglio che le persone vedano di ogni personaggio il lato umano, complesso. Ed è questo che rende un film eterno”.

Puoi dirci qualcosa dell’Hillman Grad Mentorship Lab? Cosa ti ha spinto a crearlo, e perché è importante?

“È una cosa che sognavo di fare da molto tempo. Quando ho iniziato a lavorare in questo settore, io stessa ho preso parte a varie iniziative del genere. Sono un trampolino di lancio importantissimo per molti aspiranti scrittori. Il nostro programma fa questo, i nostri 25 partecipanti li fa fermare a riflettere: ‘Mi sa che qui c’è qualcosa che vale la pena portare avanti’. Dà valore a quello che fanno, fa capire che sono sulla strada giusta. 

“La maggior parte delle persone black e di colore non viene da una famiglia di attori hollywoodiani. Molti di noi non vivono a Los Angeles o a New York. Adesso siamo in grado di garantire loro tutte le risorse di cui hanno bisogno. Forniamo loro i materiali, insegniamo loro come fare networking, curare le relazioni, tutti gli strumenti che servono per avere successo nel settore. E queste sono cose inaccessibili alla maggior parte delle persone”.

Che genere di qualità particolari possiedono i partecipanti che vengono ammessi al programma?

“Abbiamo selezionato i nostri partecipanti fra più di 4.000 domande per diversi mesi. Tutti avevano una visione molto chiara di chi vogliono essere in questo settore. Sono tutti estremamente resilienti, tutti hanno un loro punto di vista unico. E sono queste le qualità che servono in questo business, più di ogni altra cosa”.

Se dovessi dare un consiglio, uno solo, a chi cerca di farcela nel settore dell’entertainment?

“Devi semplicemente amare quello che fai. C’è questa frase di Dennis Rodman, il giocatore di basket: ‘Giocherei pure gratis, ma mi pagano per le stronzate’. Mi riconosco molto in quello che dice. Scrivere è divertente. Essere creativi è fantastico. Il resto, devi imparare a ignorarlo. La gente criticherà sempre quello che fai, ma se ami il tuo lavoro, i commenti negativi non ti toccano. Le chiacchiere durano quello che durano, il tuo lavoro è per sempre”.

Dopo quello che è accaduto lo scorso anno, con altre uccisioni di persone black e un incremento significativo delle violenze contro le comunità asiatiche, dobbiamo avere ancora speranza?

“Dobbiamo sempre avere speranza. Il fatto stesso di essere dove siamo ora è il segno che stiamo facendo progressi, anche se lentamente. Oggi il mondo è diverso da come era ieri. Dobbiamo avere speranza, sempre, ed essere sempre ottimisti. Nel momento stesso in cui ci arrendiamo all’oscurità, abbiamo già perso. Scegliamo sempre la luce”.

Them esce su Amazon Prime il 9 aprile

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