Nessun designer è un'isola

La moda è essenzialmente un social medium, perché è il prodotto di un’attività che si svolge a livello comunitario. Più che in qualsiasi altra forma d’arte,

tanto la sua produzione quanto il suo consumo costituiscono un’espressione di massa, un esercizio di gruppo che, come la pandemia ha recentemente dimostrato, può perdere gran parte del proprio significato nel vuoto pneumatico dell’isolamento.

La moda quale la conosciamo oggi si è affermata come industria a Parigi in risposta alle esigenze di una comunità, quelle della corte reale. Il prestigio e la raffinatezza di quel milieu sono stati all’origine della diffusione in Europa di collezioni basate su elementi dalla variabilità stagionale. L’avvento della democrazia e l’invenzione del prêt-à-porter hanno poi portato alla sua autodeterminazione, permettendole l’ininterrotto esercizio di un’autorità per diritto proprio, mentre i designer cominciavano a siglare i loro lavori nello stesso modo in cui gli artisti firmavano le loro tele.

Lenny Kravitz, Haider Ackermann, il designer Kim Jones, Naomi Campbell, Farida Khelfa e Kate Moss posano dopo la sfilata di Dior Homme P/E 2019 a Parigi.

© BERTRAND RINDOFF PETROFF/GETTY IMAGES

Sennonché, diversamente dai maggiori artisti, i grandi designer hanno sempre svolto la propria attività nell’ambito di collaborazioni creative con numerose altre persone, sia lavorando al loro fianco, sia facendone fonte di ispirazione. I designer veramente destinati a lasciare il segno possiedono una visione creativa che è loro peculiare ma anche un’apertura mentale e una curiosità attraverso le quali riescono a mutuare da altri gli elementi con cui esprimere quella visione. Maturando, acquistano uno slancio individuale e il loro campo gravitazionale si allarga, attraendo sempre più collaboratori e fruitori loro affini per sensibilità. E così, boom! Ecco che è nata una fashion community.

Negli anni Venti, e poi in seguito, Coco Chanel ha guidato il processo teso a sfrondare l’abbigliamento femminile da tutti i fronzoli superflui, in una fase in cui il cambiamento dei costumi sociali consentiva finalmente alle donne di vestire in modo più pratico. Sebbene sia giustamente celebrata per essere stata una voce di assoluta originalità, Mademoiselle coltivava l’amicizia di personaggi esterni al mondo della moda il cui approccio non era meno radicale del suo: tra gli altri Igor Stravinskij, Jean Cocteau, Pablo Picasso e Salvador Dalí, con il quale, in un’occasione, ha disegnato i costumi per un balletto.

(Continua)

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