Intanto, Altrove: le community dell'NFT art

Prima di fake news, sorveglianza di massa, dittatura dei like e profilazione selvaggia, la retorica che circolava sulla rete era tutta sotto il segno di un

ottimismo quasi insolente. Per i tecnoutopisti californiani, internet ci avrebbe portato per mano in un mondo nuovo, radicalmente libero. Ora si sa che non è andata proprio così. Ma esplorando le piattaforme delle community di cryptoarte si percepisce subito una vibrazione familiare. È l’eco dell’entusiasmo e delle speranze che un tempo si associavano a internet in quanto tale, e che qui si riferiscono, più prosaicamente, a un suo strumento: l’NFT.

Il “Non-Fungible Token” è una tecnologia in grado di trasformare jpg, video o anche semplici tweet in entità digitali uniche, verificate, tracciabili. Tutto questo grazie all’utilizzo del blockchain, una sorta di registro digitale cronologico non modificabile all’interno del quale ogni transazione, una volta scritta, non si può cancellare né alterare.

L’NFT è insomma una sorta di “certificato di proprietà digitale” che, garantendo autenticità e registrando i passaggi di mano, rende le opere cui è associato perfetti oggetti da collezione – un po’ come una stampa fotografica autenticata dall’artista. Le opere di cui parliamo, essendo digitali, rimangono comunque fruibili in rete da chiunque, ma acquistarle significa diventare titolari di una copia originale, “vera”. È un mondo ai primi vagiti, con tutte le zone d’ombra che questo comporta, ma si può provare a farlo raccontare a chi già lo abita.


«Sono entrato nel mondo NFT da poco», spiega l’artista Andre Oshea, «ma la cosa cui più somiglia è un tweet che dice: “Forse i veri NFT sono le amicizie che abbiamo coniato lungo la strada”». Nel meme originale al posto di NFT c’è la parola “tesoro”, e fa capire come una nuova generazione di artisti consideri sia il potenziale dei Non-Fungible Token, sia la community che si è formata attorno. Continua Oshea: «È una battuta, ma la profonda connessione con altri artisti e collezionisti è vera. È come se nei wallet (i portfolio virtuali che le piattaforme mettono a disposizione degli acquirenti, ndr) non finissero solo le tue opere, ma anche una parte di te».

Può essere che l’esplosione NFT sia un altro effetto collaterale della trasmigrazione di massa nel virtuale che ha segnato gli ultimi mesi e, trattandosi pur sempre di arte, può darsi che sulle cifre esorbitanti raggiunte ultimamente da memi (Nyan Cat), opere create da algoritmi (i CryptoPunk), o collage jpg (Beeple, venduto da Christie’s) si allunghi l’ombra della speculazione. Ma che l’NFT stia uscendo dalla sua nicchia è innegabile.


«Senza la comunità di veri appassionati che ci sta dietro», racconta l’artista Samy La Crapule, «la cryptoarte non avrebbe mai potuto avere successo. Spesso sono artisti che non si sentivano rispettati – o pagati – abbastanza nel proprio lavoro, e che nell’NFT hanno trovato una vera alternativa. L’era dell’artista solitario e individualista è finita. È arrivato il momento della condivisione».

«È l’egualitarismo di internet, no?», dice Jonathan Perkins, cofondatore di SuperRare, una piattaforma social per il cryptocollezionismo. «Prendi un mercato elitario ed esclusivo come quello dell’arte, e dai il con- trollo all’artista: scoppierà la rivoluzione». L’utilizzo del blockchain non solo crea, in teoria, un ambiente completamente trasparente ma, soprattutto, sopprime la mediazione. Lo spiega l’artista Sasha Katz: «Il vero miracolo è l’assenza di intermediari. Artista e collezionista interagiscono direttamente. E non solo: tra cryptoartisti è molto comune collezionarsi a vicenda, per supportarsi. Ricordo quanto ero preoccupata quando ho coniato il primo NFT, e quanto ha significato per me la prima vendita».\

Parlando con i cryptoartisti si ha la percezione di una consapevolezza comune: l’ecosistema che hanno creato, e che li nutre, va curato e difeso, a tutti i costi. «Ormai esistono grant e fondi che finanziano i primi drop (per coniare un NFT va pagata una “tassa di conversione”, ndr), e il fatto che l’artista guadagni una percentuale perpetua su tutte le successive vendite della propria opera cambia in profondità le regole del gioco», spiega l’artista Blake Kathryn. «Le limitazioni geografiche diventano completamente obsolete. Il livello di partenza è molto più equo. C’è davvero una sensazione tangibile, se non di liberazione creativa, almeno di sollievo».


Se per molte cose il mondo NFT si differenzia da quello reale, un certo tipo di dinamiche però lo ricalcano. Come racconta Iris Nevins, fondatrice della media company Black NFT Art, che vuole amplificare le voci nere nel mondo crypto: «La nostra società è strutturata in modo tale che anche quando si presenta una nuova opportunità, i primi ad accedervi sono solitamente i maschi bianchi. E questo vale anche per i drop NFT. Per questo sto costruendo una piattaforma che non solo supporti i tantissimi artisti neri di talento, ma assicuri anche un senso di comfort, di comunità».


Nel 1996 John Perry Barlow aveva stilato la Dichiarazione di Indipendenza del Cyberspazio, che preannunciava la creazione di una nuova civiltà virtuale, senza corpi o confini, libera da ogni tirannia. Nel frattempo si è capito che anche le forme più nuove di liberazione hanno seguito uno schema antico, trasformandosi, spesso, nell’ennesima forma di sfruttamento. Vedremo come andrà stavolta. Magari la tecnologia NFT rivoluzionerà davvero il mondo dell’arte, rendendolo più trasparente, giusto, libero. La speranza c’è. E mal che vada, potremmo sempre scambiarci CryptoKitties.


English Text:

NFT Art Communities

NFT are booming. But the most interesting things about them are, maybe, the communities that are flowering around them.

Before fake news, mass surveillance, the dictatorship of likes and rampant profiling, the rhetoric about Web was all in a spirit of an almost bumptious optimism. Californian techno-utopians claimed the internet was going to lead us by the hand into a new, radically free world.

Now we know all this is far from the case. But if you explore the platforms of crypto art communities you immediately get a familiar, old vibe. It’s an echo of the enthusiasm and hopes once associated with the internet as such. Here they fixate, more prosaically, on one of its instruments: the NFT.

The “non-fungible token” is a technology capable of transforming jpgs, videos or even simple tweets into unique, verified, traceable digital entities. All this through the use of the blockchain, a non-modifiable chronological digital register in which each transaction, once inscribed, cannot be cancelled or altered.

The NFT is a sort of "digital certificate" that guarantees authenticity and records every change of ownership, making the works associated with it perfectly collectible - rather like a photographic print authenticated by the artist. The artworks we’re talking about, being digital, can still be viewed or downloaded on the web by anyone, but buying them means becoming the owner of an original,  authentic copy. It’s a world still in its infancy, with all the grey areas this entails, but we can try to find out about it from someone who already lives there.

"I got into the NFT world recently," explains artist Andre Oshea, "but the thing it most resembles is a tweet that says: ‘Maybe the real NFT was the friends we made along the way’.” The original meme, instead of NFT, contained the word "treasure", and it shows how a new generation of artists sees both the potential of non-fungible tokens and the community that has grown up around them. Oshea continues: “That’s a joke of course, yet the close ties with other artists and collectors is real. It’s as if not just your works but also a part of you end up in the wallets” (the virtual portfolios that platforms supply to collectors - ed.). \

The NFT explosion could be another side effect of the mass transmigration into the virtual of the last few months. And while still being art, the exorbitant sums recently paid for memes (Nyan Cat), works created by algorithms (the CryptoPunks), or jpg collages (Beeple, sold by Christie's) could well be a bubble driven by speculation. But that NFT is emerging from its niche is undeniable.

"Without a community of true enthusiasts behind it," says the artist Samy La Crapule, "crypto art could never have been successful. Often they’re artists who didn’t feel respected - or paid - enough in their work, and have found a real alternative in NFTs. The age of the artist as solitary individualist is over. The time for sharing has arrived.”

"It's the egalitarianism of the internet, isn't it?" says  Jonathan Perkins, co-founder of SuperRare, a social platform for crypto collecting. "Take an elitist and exclusive market like art, give the artist control and you’ve got a revolution.” The use of the blockchain not only creates, in theory, a completely transparent environment but, above all, it suppresses mediation. The artist Sasha Katz explains this point: "The real miracle is the absence of intermediaries. Artist and collector interact directly. And then it’s common for crypto artists to collect each other, they support each other. I remember how worried I was when I coined my first NFT, and how much that first sale meant to me.”

When you speak to crypto artists, you feel they share the same awareness. The ecosystem they have created and that nurtures them needs to be tended and defended at all costs. "Now there are grants and funds that finance the first drops (a ‘conversion fee’ has to be paid to mint an NFT - ed.), and the fact that the artist earns a perpetual percentage on all subsequent sales of their work profoundly alters the rules of the game,” explains artist Blake Kathryn. “Geographical restrictions become completely obsolete. It’s a more level playing field. There really is a tangible feeling, if not of creative liberation, then at least of relief.


While the NFT world differs in many ways from the real one, it does reproduce some of its distortions. Iris Nevins, founder of the media company Black NFT Art, points out one flaw. She wants to amplify black voices in the crypto world but, "Our society is structured in such a way that even when a new opportunity arises, the first to get into it are usually white males. And this applies to NFT drops like much else. That’s why I’m building a platform that not only supports the many talented black artists, but also ensures a feeling of comfort, of community.”

In 1996 John Perry Barlow drafted the Cyberspace Declaration of Independence, heralding the creation of a new virtual civilisation, without bodies or borders, free from all tyranny. Since then it has become clear that even the newest forms of liberation have followed ancient patterns, often turning into yet another form of exploitation. We'll see how it goes this time. Maybe NFT technology will really revolutionise the art world, making it more transparent, free and fair. There is hope. And however badly things turn out, we can always trade CryptoKitties.

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