La canicola dei giorni scorsi deve avere fatto sognare a molti il clima ben più temperato che, almeno nell'opinione comune, si può godere nei paesi del
Foto courtesy Pierre Björk
Fece notizia, nel 2009, la vendita all’asta della tenuta di Ingmar Bergman sull’isola di Fårö, in Svezia, considerata da molti come patrimonio nazionale. A soli due anni dalla morte, tutti i suoi averi, i mobili e gli oggetti personali del regista rischiavano di essere per sempre dispersi. Poco importava che fosse stato lo stesso Bergman a volere che i suoi beni fossero messi in asta dopo la sua scomparsa. Risolse la situazione lo scienziato-mecenate Hans Gude Gudesen, acquistando l’intera proprietà – che comprende quattro case: Hammars, cioè quella di Bergman; il cottage degli scrittori; Ängen; Dämba, dov’era la sala cinematografica personale del regista – e parte degli arredi. Non solo: Gudesen e la famiglia di Bergman (a cominciare dalla figlia Linn) stabilirono di fare della tenuta una residenza per artisti, The Bergman Estate on Fårö. Seguì da vicino la vendita anche l’artista svedese Thomas Broomé, il quale, nel 2011, è stato il primo a vincere un soggiorno sull’isola. «Il privilegio è stato quello di ottenere tre mesi, anziché le abituali due settimane».
Foto courtesy Pierre Björk
Tre mesi che gli permisero di entrare nel rifugio tanto caro a Bergman, sede di isolamento creativo e soprattutto luogo dove ambientò tanti dei suoi film più noti. Prima del soggiorno, Broomé dipinse una serie di quadri incentrati sullo studio del regista a Fårö: «Tutto è iniziato con un’opera per l’Armory Show di New York e la mia mostra alla galleria Magnus Karlsson di Stoccolma. Provando a dipingere un ambiente che fosse insieme per il lavoro e per la contemplazione, mi ricordai lo studio di Bergman che avevo visto in un film e che mi aveva colpito, proprio come la messa all’asta degli arredi e degli oggetti personali del regista».
Foto courtesy Pierre Björk
Gudesen acquistò circa il novanta per cento dei lotti. «Purtroppo molti oggetti personali, soprattutto della casa di Bergman, vennero comprati da altri. Durante la mia permanenza sull’isola, ebbi la sensazione che mancasse qualcosa. Erano assenti, per esempio, le fotografie e quei piccoli memorabilia che presumevo potesse avere un uomo con un’ampia famiglia qual era stato Bergman. Erano mie supposizioni: non so se in realtà questi ci fossero anche mentre viveva lì; lui non aveva il senso della nostalgia».
Lo studio del regista. Foto courtesy Pierre Björk
Nel 2011, Broomé chiese di visitare lo studio di Bergman per dipingere il primo quadro per l’Armory; poiché le regole sull’accesso al luogo lo consentono solo agli artisti residenti, Broomé si propose per la residenza, che ottenne. «All’Armory esposi un’opera sullo studio che avevo visto in alcune scene di “L’infedele”, quelle con lo scrittore e Marianne, il fantasma del passato che visita la sua solitudine. Ma quando vi entrai davvero, non lo riconobbi: era completamente diverso da come l’avevo visto nel film».
“The Lost King”, una delle tele di Thomas Broomé dedicate alla casa di Bergman
Broomé si istallò dunque, un po’ deluso di trovarsi più in un clima estivo e vacanziero che fra le nebbie e le rocce solitarie dove il regista si isolava:«Durante le prime sei settimane, ebbi la mia famiglia con me; poi restai solo per altre sei». La solitudine portò Broomé a concepire il video-progetto “Wanderer”, in cui la telecamera passa in soggettiva di stanza in stanza e, come a marcare il passare di un invisibile visitatore notturno, le luci di ogni ambiente, di volta in volta, si accendono e si spengono. «La stanza dove dormii all’inizio era in una casa del Cinquecento, dai muri spessi e grandi spazi. Liv Ullmann venne a trovarmi e mi chiese se sapevo che quella camera era stregata. Mi ritrovavo spesso in uno stato quasi ipnotico, tra sonno e veglia; così, decisi di pensare a un progetto su luci che si accendevano e si spegnevano, immaginando Bergman nel suo domestico vagare notturno. I momenti di insonnia non sono di solitudine: intorno ci sono gli altri nell’abbraccio di Morfeo. È chi veglia, piuttosto, a essere tagliato fuori. Precluso da quello stato, aspetta l’alba, ansioso che le persone intorno a lui ritornino. Il video parla di questo girovagare all’ora dei lupi».
Still dal video-progetto “Wanderer” di Thomas Broomé
Un aspetto magico che, a cominciare dagli oggetti messi in asta, aveva sollecitato l’immaginazione di Broomé: «Il cestino per la carta, su tutti. Avevo pensato di comprarlo: chissà che il contenitore che aveva raccolto gli scarti di Bergman non portasse fortuna...È interessante come un’asta, che basa le stime dei lotti sulla loro provenienza, rievochi così quasi la magia, la considerazione magica dell’oggetto che avevano i popoli primitivi. Come ne scrisse James Frazer: “Le cose che sono state una volta a contatto continuano ad agire l'una sull'altra, a distanza, dopo che il contatto fisico è cessato”.
Inf.:bergmangardarna.se;thomasbroome.se;gallerimagnuskarlsson.com;pierrebjork.com.
Still dal video-progetto “Wanderer” di Thomas Broomé