Biennale Danza a Venezia: tutti gli spettacoli e i ballerini da non perdere

Biennale Danza a Venezia: tutti gli spettacoli e i ballerini da non perdere

Biennale Danza 2021: la guida di Vogue 

Adattando le date ma senza aver mai perso un’edizione, torna il Festival Internazionale diDanzaContemporanea, a Venezia dal 23 luglio

al 1°agosto. La quindicesima edizione ha un nuovo direttore, l’inglese Wayne McGregor, coreografo star, abituato a incrociare la danza con la tecnologia, le scienze, le arti figurative, la moda. Suo il titolo “First sense”, allusivo alla sensorialità perduta da ritrovare attraverso la danza, che si declina nei temi della diversità e del dinamismo. Tra i 10 giorni di attività, il centinaio di artisti presenti, gli spettacoli in prima italiana, due prime mondiali e una prima europea, segnaliamo un ideale tragitto tra le ultime tendenze della scena contemporanea. Nonché un percorso esclusivo tra le sale teatrali ricavate dagli hangar dello storico Arsenale, particolarmente affascinante con le luci del tramonto sulla laguna, o nelle sale in tardo gotico veneziano di Ca’ Giustinian, o ancora tra i palchi all’italiana del Teatro Malibran.

Occasione per visitare anche la Mostra Internazionale di Architettura è una delle tre installazioni del festival: Not Once (in mostra per l’intera durata del festival), che segna la prima collaborazione tra il danzatore a tante facce Mikhail Baryshnikov e l’eclettico coreografo, regista e molto altro Jan Fabre. Quattro anni di lavoro per completarla, “l’installazione d’arte con film” è basata su un monologo scritto da Fabre e interpretato da Baryshnikov e mostra il rapporto platonico tra il protagonista e una fotografa che per anni ne ha manipolato il corpo rielaborandolo in diverse entità.

Mikhail Baryshnikov e Jan Fabre. Foto Phil Griffin

Dalla cerimonia di premiazione dei Leoni, in programma il 24 luglio presso il Teatro Piccolo Arsenale, emerge la vincitrice della statuetta d’oro, la senegalese Germaine Acogny, che la sera precedente, il 23 luglio, al Teatro alle Tese, si presenta con Somewhere at the Beginning. Un assolo che racchiude la sua storia di pioniera della danza contemporanea africana, esule in Europa e poi di ritorno nel paese d’origine, alla ricerca di quell’identità che le radici hanno segnato, tra le figure arcaiche del suo passato.

Il Leone d’argento compie un salto geografico e generazionale finendo tra le mani della giovane irlandese Oona Doherty. Il suo legame con la terra d’origine la coreografa emergente lo porta in scena in Hard to be Soft. A Belfast Prayer, al Teatro Piccolo Arsenale il 30 luglio. Uno spaccato della comunità della sua infanzia nella capitale dell’Irlanda del Nord, di cui l’autrice non nasconde gli orizzonti limitati, le imposizioni culturali, sociali, religiose. Protagonisti sono veri lavoratori, colti nella dimensione quotidiana, tra violenza, vizi, vulnerabilità, ma anche coraggio, forza, energia.

Hard to be Soft. A Belfast Prayer di Oona Doherty. Foto Luca Truffarelli

© LUCA TRUFFARELLI

Al contrasto, nel segno dell’astrazione più rarefatta, del massimo rigore formale, la statunitense Pam Tanowitz debutta in Italia con New Work for Goldberg Variations, il 24 luglio la Teatro Malibran. Con la pianista Simone Dinnerstein in scena, la coreografa e i suoi danzatori si lanciano nell’ennesima sfida alle Variazioni Goldberg di Bach, che con limpide architetture coreografiche e un’esecuzione quanto più cristallina si tenta di illuminare di nuovi riflessi, smontandole e ricreandole sotto altre forme.

Pulsa di energia sensuale invece Odissey della Compagnie Hervé Koubi, il 28 luglio al Teatro Malibran. Il coreografo di residenza francese con origini algerine, fenomeno delle ultime stagioni, affida ai suoi 15 danzatori lo spettacolare mix di riti, storie, melodie mediterranee con il linguaggio della breakdance e dell’hip-hop. Il nuovo spettacolo celebra la femminilità nell’incontro con il maschile sulla partitura fusionale di suoni di Natasha Atlas, vocalist ebreo-egiziana in bilico tra echi etnici e ritmi dell’elettronica europea.

Omma di Josef Nadij. Foto Sophie Carles

© Sophie Carles

Provengono da tanti stati dell’Africa gli otto danzatori scelti da Josef Nadj per il loro retroterra ricco di danze etniche, wrestling, rap, danza classica, discipline acrobatiche. In Omma, al Teatro alle Tese il 29 luglio, le radici dei giovani interpreti si innervano del “teatro del movimento” dell’artista ungherese infondendogli nuova linfa. Per raccontare una storia di condivisione e trasmissione che secondo l’autore “invita ad andare oltre il nostro sguardo, per vedere meglio dentro noi stessi”.

Altro fenomeno delle ultime stagioni, la compagnia francese (La) Horde presenta A Room with a View, il 1° agosto al Teatro Malibran. Radicale come un grido di battaglia, racconta la rabbia e la sofferenza di una generazione che al senso di catastrofe incombente può solo opporre la forza ribelle del gruppo, violento ma anche vitale. Uno spettacolo travolgente e adrenalinico, dove i corpi appaiono scolpiti dal sound del dj Rone e l’orda di sopravvissuti al collasso della civiltà ricorda un rave. In filigrana il pensiero di Alain Damasio, scrittore di fantascienza.

Room with a view di Rone & (La) Horde. Foto Cyril Moreau

Accanto al programma Live, cuore di questa Biennale Danza, il College è il suo flusso sanguigno nelle intenzioni del direttore artistico. Selezionati tra quasi 500 applications, 22 giovani danzatori di varie nazionalità hanno potuto usufruire di una residenza formativa della durata di tre mesi, di cui mostrano gli esiti il 24 e 25 luglio alle Tese dei Soppalchi dell’Arsenale, con un programma che unisce le coreografie di due star: la coreografa canadese Crystal Pite e lo stesso Wayne McGregor.

Film sulla danza contemporanea e conversazioni post-spettacolo con gli artisti completano un programma cha ambisce ad estendersi oltre la formula classica del festival.

Informazioni:https://www.labiennale.org/it/danza/2021

In apertura: foto dello spettacolo Odyssey di Compagnie Hervé Koubi. Foto Frédérique Calloch

Somewhere at the Beginning di Germaine Acogny. Foto Antoine Tempé

© Thomas Dorn

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