Vite che non sono la mia, ma che alla mia sono così profondamente intrecciate da indicarmi il cammino. Il titolo di uno dei libri più coinvolgenti
Le due vite sono un uomo e una donna, hanno un nome e un cognome, una data di nascita e di morte. Rocco Carbone, studioso, accademico e narratore (1962-2008). Pia Pera, scrittrice, traduttrice, slavista e botanica (1956-2016). Legati tra loro, e all'autore, da una di quelle amicizie che nascono a 20 anni, diventano strettissime e poi forse si sfilacciano, continuando però a fare da sostrato costante agli anni.
Rocco e Pia sono uno il contrario dell'altra: quanto il primo è granitico, inamovibile nella sua “rigidità da regno minerale”, tanto la seconda è mutevole e leggera, capace di produrre “una specie di perpetuo scintillio”. E mentre l'uno affronta la vita e la scrittura con ostinato, perdurante ascetismo, l'altra trova sempre nuove occasioni d'azione. Dopo la profonda delusione legata al suo romanzo “Storia di Lo” - Lolita di Nabokov dal punto di vista della stessa Lolita - per cui fu accusata di plagio, torna al lavoro di traduttrice, portando a termine una versione dell'Onegin di Puškin che Trevi tiene in conto come una delle imprese della vita di Pia.
Lei appartiene, per dirla con un verso di Angelo Maria Ripellino, alla “stirpe dei dèmoni e dei giocolieri”, è svelta, non sta mai ferma, viaggia, gira, cambia. L'ultima volta lo fa abbandonando Milano, la sua città, per la campagna. Anzi, per un giardino sotto i Monti Pisani a cui si dedica con devozione assoluta. Ed è questo giardino il protagonista dell'altra sua opera da ricordare: il libro "Al giardino ancora non l'ho detto" in cui il verso di Emily Dickinson è l'innesco del racconto, doloroso ma non disperato, di una malattia riflessa nello spazio verde che le fa da specchio.
Anche Rocco cambia, e il cambiamento è traumatico: attraversa una “catastrofica crisi maniacale, una specie di prolungato delirio”, abbandona il mondo dell'università per dedicarsi alla scrittura, in cerca di un successo letterario che non è mai quello sperato. A furia di “lucidarsi le ossa e i nervi con uno spazzolino di ferro” scrive il suo romanzo più importante, “L'apparizione”. Riesce a trovare un suo instabile equilibrio, quando nel 2008 muore in un incidente: “Che cos'è un incidente? Senza alcun dubbio, qualcosa di refrattario a ogni forma di racconto. Libero dal vincolo della necessità, gratuito, imprevedibile, accade non smettendo però di ricordarci che poteva benissimo non accadere”.
Nell'oscillazione tra i poli Rocco e Pia si crea lo spazio per l'amicizia che contiene anche Emanuele: un luogo accogliente dove nascono anche incomprensioni e momentanei distacchi. Un luogo a cui tornare dopo molti anni, per onorare la memoria dei morti attraverso quello che hanno lasciato. “Due vite” non è solo il racconto biografico/autobiografico dell'incontro tra due uomini e una donna, è un saggio capace di evocare, con una lingua insieme intensamente poetica, precisa e trasparente, l'unicità irriducibile di due figure della nostra cultura.
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