Festival 2021: Biografilm Festival, appuntamento a Bologna
Biografie celebri e vite di donne e uomini capaci di trasformare l’attivismo e il senso di community in pratica
512 Hours
512 Hours
Il festival include pellicole da 44 paesi diversi, percorsi che, nella sezione “Art and Music”, rintracciano il punto di intersezione tra studio e pratica creativa individuale e ricerca e ricezione pubblica e collettiva. Da segnalare, in anteprima mondiale, il documentario “Il coraggio del leone”, sguardo del regista Marco Spagnoli racconta il dietro le quinte dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia
Tra i titoli da non perdere “512 Hours”, il documentario di Adina Istrate e Giannina La Salvia, in anteprima italiana, che intercetta l’estremo tentativo di Marina Abramovic, sette anni dopo la retrospettiva al MoMA, di superare i propri limiti (e quelli del pubblico) in una delle performance più estreme, messa in scena alla Serpentine Gallery, un invito lungo ore e ore aperto ai visitatori chiamati mettere in pausa le loro vite e disconnettersi da ogni dispositivo elettronico per ritrovarsi ritrovare inedite connessioni.
Moments Like This Never Last
Ancora nella stessa sezione, più titoli sollevano interrogativi sul significato (e l’eredità) della pratica artistica in relazione al tempo e allo spazio. Se “Erwin Olaf - The Legacy” di Michiel van Erp è un faccia a faccia con il fotografo in occasione del suo sessantesimo compleanno alla ricerca del punto in cui la sua esperienza individuale intercetta domande di senso universali, una su tutti la correlazione tra l’arte e la vita, connubi tra l’arte e l’ambiente circostante sono alla base del documentario “White Cube” di Renzo Martens che racconta cosa succede quando sorge una galleria nel mezzo di una piantagione di olio di palma in Congo.
Interessante, poi, lo sguardo della regista e fotografa Cheryl Dunn che da decenni documenta la urban and youth culture newyorkese (con qualche incursione nella moda) nel ritratto “Moments Like This Never Last” che, tra vernice spray e provocazioni nei confronti del potere, mette a fuoco uno degli artisti che meglio indaga il vuoto di senso della Grande Mela post-11 settembre, Dash Snow, anima della downtown scene metropolitana.
Non solo focus biografici, il Biografilm Festival racconta anche spazi dell’immaginario, reali e simbolici. Lo fa in due pellicole parte del programma, “Cinecittà, Making of History” di Emmanuelle Nobécour che traccia la storia di quella mappa delle meraviglie chiamata Cinecittà, tra la fine del fascismo e gli anni del boom economico, ovvero gli anni in è diventata l’epicentro del cinema italiano e teatro della sua rappresentazione. La seconda “Ghost in Ferrania” di Diego Scarponi traccia i confini, geografici ma intrisi di poesia, di un’intera vallata coinvolta nella chimica del fotosensibile, generazioni di uomini e donne che, al buio, hanno creato rullini fotografici, pellicole cinematografiche, lastre per la stampa per interi decenni.
Se la sezione del festival Meet the Masters presenta al pubblico i lavori di due grandi nomi del documentario europeo, la regista ceca Helena Tceštíková e la regista peruviana e olandese di adozione Heddy Honigmann, “Contemporary Lives” racconta l’impegno socio-politico, il senso di comunità e di famiglia, segnata da legami di sangue o da condivisioni tra membri di ‘chosen families’, nel mondo contemporaneo. Anche quest’anno la sezione dedicata alle pellicole internazionali è un viaggio intorno al mondo ( e ai nodi del presente): dall’Iraq, raccontato attraverso quattro decadi di guerre e conflitti dal regista di in The Fifth Story, Ahmed Abd, al Venezuela, scosso da una crisi politica e umanitaria senza precedenti attraverso lo sguardo del regista con base a Madrid, Álvaro F. Pulpeiro in “So Foul a Sky”.