Jacopo Tissi, primo italiano al Balletto del Bolshoi di Mosca, ora in tournée nel Bel Paese

Jacopo Tissi, primo italiano al Balletto del Bolshoi di Mosca, ora in tournée nel Bel Paese

Avevamo lasciato Jacopo Tissi al suo debutto al Teatro alla Scala da nuovo ballerino del Balletto Bolshoi di Mosca, lo ritroviamo in Italia tre anni dopo,

tra i protagonisti dello spettacolo Pas de Deux for Toes and Fingers, al Nervi Music Ballet Festival il 20 luglio e al Macerata Opera Festival il 24 luglio. Un ritorno da stella internazionale per il ventiseienne artista originario di Landriano, provincia di Pavia, diplomato all’Accademia scaligera e dopo una breve permanenza al Teatro alla Scala volato al Bolshoi di Mosca, primo italiano di sempre assunto dalla leggendaria compagnia di balletto. Dove si è messo in luce come “danseur noble”, per l’eleganza dello stile, la finezza della tecnica, l’avvenenza apollinea, affermandosi come uno dei ballerini più brillanti della sua generazione. Occasione per tornare ad ammirarlo nel nostro paese è lo spettacolo ideato e rappresentato in tutto il mondo dalla diva del balletto Svetlana Zakharova e dalla star del violino Vadim Repin, marito e moglie nella vita. È lo stesso Jacopo Tissi a parlarne in questa intervista, che ripercorre anche gli ultimi quattro anni della sua vita in Russia.

Jacopo, cosa danza inPas de Deux for Toes and Fingers?

Lo spettacolo raccoglie una serie di pas de deux tratti dal repertorio classico, moderno e contemporaneo. In coppia con Svetlana Zakharova ballerò un pas de deux estratto da Caravaggio, un balletto del coreografo Mauro Bigonzetti. Per me è un brano molto speciale, sia per il plasticismo delle forme che per l’atmosfera che riesce a creare: Vadim Repin sul palco con noi, insieme all’Orchestra del Teatro Carlo Felice, lo rende ancora più magico.

Qualche anno è passato da quando proprio Svetlana Zakharova accompagnò il suo debutto alla Scala in unaBella addormentata

Nei giorni scorsi io e Svetlana stavamo proprio ricordando quella Bella addormentata… Sono passati quasi sei anni da allora. È stato un percorso interessante e ne sono felice: quando sono arrivato in Russia il rapporto artistico con Svetlana è continuato, anche per nuove creazioni come il balletto Chanel (https://www.vogue.it/news/article/coco-chanel-nuovo-balletto-svetlana-zakharova). Per me lavorare con un’artista del suo livello è una grande opportunità e mi fa piacere che con Svetlana si sia instaurato un ottimo rapporto personale: è molto importante, anche per la scena.

Den Gladkov

Nel frattempo molto è accaduto per lei al Bolshoi.

Sì, ho avuto la promozione a Primo solista e poi il passaggio a Solista principale. Sono stati anni molto intensi e ricchi, di tanto lavoro ma anche tante opportunità. Sono molto contento di avere avuto tante occasioni di crescita artistica in così poco tempo.

Anche nell’anno della pandemia?

Sì, anche quest’anno: nonostante la pandemia ho potuto consolidare il mio repertorio ma anche debuttare in diverse prime. I nuovi ruoli sono stati una decina, portati anche in tournée, anche se nei confini della Russia. In rapporto al resto del mondo possiamo considerarci fortunati in Russia e al Bolshoi, avendo continuato a rappresentare molti spettacoli, e con il pubblico in sala.

Oltre ai suoi ruoli da Principe del balletto ha affrontato anche titoli moderni e contemporanei. Le interessano?

Non è da molto che ho iniziato ad avvicinarmi alla danza moderna e contemporanea, ma devo dire che mi interessa sempre di più. Nonostante sia un teatro di base classica, al Bolshoi ci sono anche molte possibilità di misurarsi in altri generi. Ultimamente ho debuttato nella Leggenda dell’amore di Yuri Grigorovich e in due nuovi balletti, Il Gabbiano di Yuri Possokhov e Orlando di Christian Spuck, oltre ad Anna Karenina di John Neumeier.

E nuovi balletti che le piacerebbe interpretare?

Sono molti: li ho in mente ma sono un po’ scaramantico e non li rivelo…

Dovrà molto anche a Makhar Vaziev, il direttore del Bolshoi che dalla Scala la invitò a Mosca.

Sì, il destino mi ha portato qui anche grazie a lui. Crede sempre molto in me e mi offre tante opportunità, che sono anche grandi sfide. Io cerco di impegnarmi al massimo per ripagare la sua fiducia. La sua attenzione è costante: so che mi segue sempre; quando provo con il mio maestro Alexander Vetrov, anche se non è in sala, mi controlla, con il suo sguardo dall’alto.

Tempo fa ci raccontò di quanto amichevolmente l’avessero accolta la compagnia del Bolshoi e il pubblico russo - non facile per uno straniero. Oggi come va?

Il bilancio è positivo. Con il tempo si sono consolidate tante amicizie e ho la sensazione che mi vogliano tutti bene, sia all’interno della compagnia sia tra il pubblico, che è sempre fuori dal teatro ad aspettarmi dopo ogni mio spettacolo e a chiedermi dei prossimi impegni. Ormai hanno tradotto il mio nome in russo: io sono Jasha per loro, perché per i russi Jacopo era difficile da pronunciare. Sì, sono soddisfatto dell’atmosfera che si è creata.

Cosa apprezzano in particolare di lei, come ballerino italiano?

Dal pubblico che mi segue fedelmente traspare il grande amore per l’Italia: l’ideale russo di bellezza e bel vivere. Apprezzano molto la mia italianità: per loro rappresento la bellezza italiana, mi dicono che amano la mia eleganza, il mio stile, il mio modo di muovermi in scena.

© Den Gladkov

La vita in Russia com’è?

La svolta è arrivata quando ho imparato bene il russo: per vivere in Russia è un fattore essenziale. Dopo quattro anni mi trovo bene. Un po’ mi ha cambiato vivere qui: a poco a poco si entra nella loro cultura, nel loro modo di pensare, si capisce come vanno le cose. Quanto a Mosca penso sia una bellissima città, immensa, cosmopolita, che offre tante opportunità, da fare e da vedere. Anche se con la nostra vita siamo praticamente sempre in teatro e non c’è molto tempo da dedicare ad altro.

E sugli stereotipi come l’inverno russo insopportabile per noi occidentali?

Non sono stereotipi! Il primo inverno è stato uno shock per me nonostante venissi da una città del nord, ma da noi il massimo del freddo è meno 5 gradi e già non usciamo di casa, mentre qui ho trovato anche meno 29 gradi! E poi l’inverno dura così a lungo! Ma ha anche il suo fascino e alla fine per forza ci si adatta.

Altro stereotipo: il cibo…

Non si può nasconderlo: un italiano all’estero si arrangia con le sue abitudini alimentari: il nostro caffè con la moka la mattina, la nostra pasta una volta al giorno… Ma a Mosca ci sono ormai ottimi ristoranti, anche italiani. E della cucina russa tradizionale qualcosa mi piace.

Pure in Russia è arrivata l’eco del movimento Black Lives Matter, che tocca anche il balletto chiedendo inclusione e revisione per i classici, molti dei quali nati in Russia. Dal suo osservatorio russo cosa ne pensa?

È difficile affrontare questo argomento per i suoi temi molto sensibili. Gli Stati Uniti ne sono più toccati per la loro storia di razzismo e per le discriminazioni inaccettabili che incredibilmente ancora esistono. Per i balletti classici di repertorio la linea è sottile e spero vivamente che vengano salvaguardati: che non vuol dire che qualcuno debba esserne escluso ma che si analizzi lucidamente la tradizione e non si cancelli un patrimonio. È vero, tante cose sono cambiate, ma mi auguro si riesca a trovare un equilibrio ragionevole.

Inevitabile chiederlo: come ha vissuto la pandemia lontano da casa?

È stato un periodo molto difficile, iniziato con l’incertezza e la paura di un virus sconosciuto. Qui arrivavano statistiche di contagi e morti, ma sembravano lontane. Io ho avvertito il pericolo in anticipo perché alla prima ondata i miei genitori dall’Italia mi avevano messo in guardia, invitandomi a indossare la mascherina e a mantenere le distanze. Ma qui tutti pensavano non avrebbe toccato la Russia: il virus arrivava dalla Cina con la quale le frontiere erano state subito chiuse. Ricordo ancora il senso di angoscia, quando tutti i teatri iniziavano a chiudere: noi ballerini del Bolshoi danzammo a un ultimo Gala il 21 marzo in Siberia e il giorno dopo prendemmo l’ultimo volo per Mosca. Il 25 marzo anche il Teatro Bolshoi chiuse. La mia preoccupazione era soprattutto per la mia famiglia e i miei genitori dato che l’epicentro era proprio il Nord Italia: sentire quelle notizie, vedere quelle immagini…

In quanto ballerino ne ha risentito?

Emotivamente è stato molto stressante, ma anche dal lato atletico uno stop così improvviso e lungo, anche solo per il metabolismo del corpo, mi ha provato. Non sono riuscito a rilassarmi come altri miei colleghi che l’hanno presa come vacanza. Io invece non ho veramente capito cosa stesse succedendo: avevo la speranza che dopo due o tre settimane saremmo tornati in teatro e mi preoccupavo perché senza esercitarmi non sarei riuscito a ballare un Lago dei cigni! Per questo mi sono tenuto sempre in esercizio, ma a casa potete immaginare quanto sia stato difficile! Quando poi ho capito che sarebbe stata lunga mi sono tranquillizzato e ho cercato di far passare il tempo nel modo migliore. Da tanto lo desideravo e ho adottato un cane, Leo, un Pomerania, utilizzando i tre mesi a casa per educarlo. Il tempo con lui è passato in fretta.

Non ha pensato di rientrare in Italia?

Con gli ultimi voli ci avevo pensato ma il governo russo era molto rigido su regole e documenti. Io sono qui con un visto di lavoro e non sarei potuto tornare in Russia prima di tanto tempo, avrei rischiato di perdere i documenti. Molti colleghi sono tornati a casa ma poi sono rimasti bloccati per un anno. Sono contento di essere rimasto in Russia, perché qui il grande break è durato relativamente poco: tre mesi. Col senno di poi è andata bene così anche se la lontananza da casa e la mancanza dei miei genitori sono state molto pesanti.

Non ha più rivisto i suoi?

Ultimamente mia mamma è riuscita a venirmi a trovare a Mosca: non ci vedevamo da un anno e mezzo ed è stato molto emozionante. Ora sto contando i giorni che mi separano dal ritorno in Italia, perché rivedrò tutti i miei dopo tanto tempo e anche per mostrare al pubblico quello che sono diventato come artista dopo quasi due anni: tornare sui palcoscenici italiani è sempre un’emozione speciale.

Intanto la si può seguire sui social networks: su Instagram, all’account @jacopotissi, ha oltre 36.000 followers, ma posta con moderazione. Cosa le piace condividere?

Beh, sì, i social networks sono diventati parte integrante della vita di tutti: un mondo molto vario che può essere interessante. Personalmente mi piace condividere su Instagram momenti della mia vita artistica, anche frammenti video di quanto accade qui al Bolshoi: penso faccia piacere al pubblico che non può assistere ai nostri spettacoli, in tutto il mondo. E a volte posto anche immagini di momenti della mia vita personale.

La vediamo anche molto ricercato dalla moda.

Non sono ufficialmente testimonial o ambasciatore di un brand in particolare ma ho preso parte a molte sessioni fotografiche, per diverse riviste di moda. In Russia i ballerini sono molto richiesti come modelli. Io mi diverto a posare per i servizi fotografici: mi piace quando il fotografo è bravo, se si crea un’atmosfera creativa e si lavora con un bel gruppo. Le foto poi mi permettono di vedere un’altra versione di me stesso.

Ma presto sarà tempo di vacanze. In Italia, vero?

Sì, dopo le due date italiane Pas de Deux for Toes and Fingers arriverà in Giappone per alcuni spettacoli. Ma poi sì, ci saranno le vacanze: attese, anzi bramate, ovviamente in Italia.

Pas de Deux for Toes and Fingers

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