Julien Dossena parla in modo scherzoso della sua collezione primavera estate 2022 per Paco Rabanne, dove è direttore creativo dal 2013, definendola la sua “collezione di
Dossena ha voluto creare un contrasto tra “il modo sperimentale, radicale e intellettuale di lavorare” che Rabanne e Vasarely condividevano, con i “piaceri semplici, come sentire il calore del sole sulla pelle e nuotare nel mare.” In altre parole, un antidoto alla voglia di viaggiare, al cosiddetto wanderlust, che molti di noi hanno provato negli ultimi 18 mesi.
© Courtesy Paco Rabanne
Nel 1979, Vasarely, noto come il padre del movimento op-art (optical art) movement, fu incaricato attraverso la Vasarely Foundation di creare Hexa Grace dal Principe Ranieri III di Monaco, in onore della moglie di Ranieri, l’attrice americana Grace Kelly. L’opera di 1500 mq comprende 24.000 diamanti realizzati in lava Volvic, che furono smaltati in 14 colori e che formano una terrazza esagonale in cima all’edificio progettato da Jean Ginsberg.
Nonostante Vasarely e Rabanne fossero creativi infaticabili a Parigi negli anni ’60, i due non si conobbero mai. Dunque, secondo Pierre Vasarely, il nipote dell’artista che ora presiede la Fondazione Vasarely ad Aix-en-Provence, cosa i due avrebbero potuto avere in comune? “Uno degli assi portanti nella ricerca di Vasarely era quello di lavorare con nuovi materiali: alluminio anodizzato, metallo, vetro. Credo che entrambi gli artisti avrebbero parlato di creazione e nuovi materiali.”
© Stef Mitchell
Dossena ha lavorato a stretto contatto con Pierre per reinventare in modo autentico il lavoro di Vasarely nei tessuti utilizzati per la collezione PE22. Qui, il designer, condivide quell’esperienza e l’aiuto che ha ricevuto da un gigante della letteratura americana durante il lockdown.
Quando hai visto per la prima volta il lavoro di Vasarely?
“Era un artista particolarmente popolare negli anni ’60 e ’70, prima che nascessi, quindi ero proprio piccolo quando l’ho scoperto. A quell’età lo trovavo divertente, perché osservando il suo lavoro ti vengono le vertigini, non riesci a capire se è in 2D o 3D. Naturalmente, più tardi ho capito che i colori e le forme sono teoriche, ma ciò che amo è che non si perde mai la sensazione di perdersi nella grafica decisa. Anche se è ultra modernista, il suo lavoro non è mai arido”
© Stef Mitchell
Come sei riuscito a stabilire il legame tra Victor Vasarely e Paco Rabanne, malgrado i due non si fossero mai incontrati?
“Paco Rabanne raggiunse lo stesso equilibrio tra la consapevolezza del corpo, la sensualità e la modernità nella moda, come Victor fece nell’arte. I materiali usati erano totalmente nuovi per l’epoca, quindi c’è una sorta di fratellanza nella sperimentazione. Un punto di partenza per la collezione è stato trovare la foto della cantante francese Françoise Hardy vestita in Paco Rabanne alla mostra di Victor Vasarely negli anni ’60 o ‘70, e ciò mi è parsa una bella connessione.”
© Stef Mitchell
Dalla canzone dei Baccara del 1977,Yes Sir, I Can Boogie, allo sfondo con Hexa Grace, il film ha un’atmosfera anni ’70: cosa l’ha ispirata?
“Mi sono ispirato al film di Barbet Schroeder, More (1969), che parla di una coppia che si perde a Ibiza quando l’isola era un ritrovo hippy. Il finale è triste, ma ci sono splendide riprese dell’attrice americana Mimsy Farmer distesa sugli scogli che guarda il sole come fosse un dio. Monaco è una città sofisticata vicino le montagne e affacciata sul mare, quindi volevo catturare la sua spettacolare posizione. L’Hexa Grace sembra quasi un astronave con tanto di rampa di lancio, quindi abbiamo unito le riprese aeree con riprese dettagliate degli abiti. Anche nel modo in cui le modelle camminano volevo che ci fosse un impressione di quel groove anni settanta: un attitudine e un’estetica a me molto cara.”
© Stef Mitchell
Ci sono opere specifiche di Vasarely a cui hai fatto riferimento nella collezione?
“Poiché abbiamo avuto la fortuna di lavorare con la Fondazione Vasarely, sono stato in grado di tradurre le opere d’arte direttamente sui vestiti. Abbiamo trasformato le sfere [del lavoro VP-108 (1969)] in una stampa utilizzata su un top corto, una gonna e una borsa. Le figure abbracciate [di Amor-1 / Amor-2 / Catch-II-A / Catch-II-B (1945)] sono state ricamate in paillettes su una gonna e un top. E [le opere come Dia-SP-F1 (1968)] sono state reinventate in maglia metallica. Abbiamo tagliato i vestiti come se fossero sciarpe così da non interrompere i motivi del pezzo d’arte originale: dei totem dedicati a Vasarely sotto forma di abiti.”
© Yannis Vlamos
Tutte le modelle avevano già lavorato con Paco Rabanne, eBlésnya Minher,Jade NguyeneAshley Radjaramesono considerate amiche della fashion house. Perché è così importante per te promuovere lo spirito comunitario con le modelle con cui lavori?
“Quando vado d’accordo con le modelle e mi connetto alle loro qualità, voglio continuare a lavorarci: siamo come una squadra e adoro vederle divertirsi tutte insieme. L’industria della moda è essenzialmente una grande famiglia composta da tante piccole famiglie. Ci riuniamo diverse volte l’anno per creare qualcosa insieme e quando una modella conosce il brand e apprezza ciò che indossa, sa come muoversi in esso. Tutto è molto più preciso.”
© Stef Mitchell
Come sei rimasto stimolato dal punto di vista creativo nell’ultimo anno?
“Quest’anno è stato davvero complicato per tutti, pieno di ansia e tristezza. È ancora complicato, ma adesso mi sento come se avessimo una prospettiva, un orizzonte. Non tornerò alla vita di prima. Durante il lockdown siamo diventati più introspettivi e adesso è giunto il momento di applicare quella introspezione. Spero che le persone riescano a riflettere più a fondo e a essere più sincere in quello che vogliono esprimere.
“Quando tutto era chiuso, ho riletto i libri della scrittrice americana Joan Didion, che ho scoperto in tarda adolescenza. I suoi scritti sono così rilassanti, intimi e precisi, allo stesso tempo delicati e forti, e poiché scrive molto sulla California, odorano realmente d’estate, riesci a viaggiare con lei. Ho anche trovato molta ispirazione nelle persone che vedevo per strada: nel loro atteggiamento e nel modo di indossare i vestiti.”