Making the Cut torna su Amazon con una nuova stagione e una nuova giuria, di cui fa parte il designer Jeremy Scott
Che il mondo dell'intrattenimento
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Cosa cerchi nei nuovi designer e concorrenti diMaking the Cut?
Ciò che desidero vedere e conoscere è la loro personalità, la loro essenza. Voglio sapere chi sono e assistere a come sapranno mettere il loro cuore nei singoli capi. Credo fermamente che questo sia il vero valore di ogni designer: donare il proprio cuore agli altri, aprire le porte del proprio mondo così da permettere a tutti di conoscere quello spirito creativo che è il nucleo vivo del mondo fashion. Se dovessi riassumere il tutto in un unico desiderio, voglio vedere esplodere la loro passione per la moda.
Da designer che ha già vissuto il suo percorso da emergente, come vivi l’idea di dover giudicare qualcuno agli esordi?
All'inizio è una prospettiva che ho odiato. È terribile pensare di dover tarpare le ali dei sogni dei concorrenti, così come mi spaventa l'idea di ferire i loro sentimenti. Ho poi capito che la mia onestà nel giudicare il loro lavoro non sarà un modo per fermarli dal perseguire gli obiettivi, quanto piuttosto un aiuto concreto nel comprendere i propri limiti, le proprie prospettive di miglioramento. Il ruolo della giuria è quello di dare degli strumenti concreti ai partecipanti, non solo per vincere le singole sfide o infine lo show, ma per vincere nella loro carriera professionale. Onestà è dunque quello che a Making the Cut ci si potrà aspettare da me, insieme a una buona percentuale di sincero incoraggiamento.
Moda e intrattenimento sono due facce della stessa medaglia?
Assolutamente sì. Ho sempre cercato di concepire i miei show come dei veri e propri spettacoli. Vivo il mio lavoro come una forma di intrattenimento, una fonte di stupore. Inoltre, siamo totalmente immersi in una realtà dove ogni aspetto della nostra vita diventa uno show, basti pensare al modo di usare e consumare i social media o le piattaforme streaming, che diventano parte integrante nonché specchio delle nostre giornate.
Making the Cutsi preannuncia come un vero fenomeno pop sulla scia dei grandi talent di fine anni 90. Nella moda, qual è il riferimento più pop che aspiri a vedere e rappresentare?
Per quanto adori la dimensione pop e la sua irriverenza, credo sarà difficile per i designer sfociare in un territorio così ampio. Le sfide saranno molto precise, più tematiche, dalla moda sposa ai look total-denim. L'obiettivo è quello di esplorare diversi settori della moda e vedere come i designer saranno in grado di infondervi la propria creatività. Inoltre, uno degli aspetti più complicati sarà trovare il giusto equilibrio fra silhouette spettacolari da passerella e capi versatili che siano realmente indossabili nel quotidiano. Date queste prerogative, ciò che dovrà risaltare è la loro abilità nel rendere personale e identificativo ogni design.
Chi è per te la più grande icona pop della storia? E quella fashion?
Direi che nessuno è più pop di Madonna. Il suo personaggio è un'icona a 360 gradi, tanto della musica quanto del cinema, senza contare il ruolo fondamentale che la moda ha avuto nel corso di tutta la sua carriera. Viceversa, la stessa Madonna ha plasmato il volto della moda contemporanea con i suoi look provocatori. Dal punto di vista specifico del fashion, sicuramente Karl Lagerfeld: il suo modo di concepire, vivere e interpretare la moda era intrattenimento allo stato puro.
In una realtà sempre più sostenibile come quella del fashion, quanto conta per un giovane brand partire già da una base etica?
La sostenibilità è una componente fondamentale per la moda attuale, soprattutto per nuove generazioni di creativi che erigono le fondamenta dei loro marchi su basi profondamente etiche e green. Un approccio ecologico è parte dell'ethos di molte delle realtà che si stanno affacciando nel panorama fashion. Per me è davvero emozionante vedere quanto impegno e inventiva i giovani mettano nell'offrire una proposta totalmente sostenibile.
Cosa ami di più della moda e del tuo ruolo di designer?
Amo il modo in cui la moda è in grado di comunicare. Per me, la moda è il mio strumento di espressione, il mezzo attraverso cui trasmettere qualcosa di me stesso al mondo e in cui, al contempo, creare nuove ed entusiasmanti dimensioni. Mi sento davvero grato di aver potuto far sentire la mia voce in modo così forte e determinante: per me, quella di creare è un'urgenza, un bisogno, una necessità che è parte del mio DNA e che mi riempie di gioia.
In parallelo, cosa ami di più del mondo dello spettacolo?
Trovo che l'aspetto più importante di questo settore sia la sua capacità di far sorridere le persone. Un sorriso è il dono più grande che si possa fare, diffondere allegria ed essere in grado di regalare momenti di spensieratezza è un obiettivo encomiabile, una missione più che un lavoro. Proprio per questo, sento che l'intrattenimento è un elemento fondamentale della mia creatività: amo pensare che i miei abiti possano ristorare e rincuorare dopo una brutta giornata in cui tutto sembra grigio.
Oltre ovviamente alla creatività, qual è per te la caratteristica che distingue (e al contempo accomuna) i più grandi designer?
Credo che sia fondamentale riuscire a diffondere una visione nitida e precisa della propria estetica, dando vita a un mondo che sia personale e per questo immediatamente riconoscibile. Realizzando un capo, ciò che deve guidare l'estro è la volontà di distinguerlo dalla massa, di fare in modo che, anche senza marchio o etichetta, si possa capire che è qualcosa di tuo. L'identità è la chiava che apre le porte della grandezza.