Marco Bellocchio, il regista poeta: da Bobbio alla rara Palma d’Onore a Cannes, quanta vita nel suo cinema

Marco Bellocchio, il regista poeta: da Bobbio alla rara Palma d’Onore a Cannes, quanta vita nel suo cinema

Quanta vita c’è nel cinema di Marco Bellocchio, uno dei più grandi maestri – a livello mondiale – della settima arte che sabato 17 luglio, durante

la Cerimonia di Chiusura del 74° Festival del Cinema di Cannes riceverà niente meno che la Palma d’Oro d’Onore, un omaggio (davvero raro, finora conferito solo a Clint Eastwood, Agnés Varda, Francis Ford Coppola, Bernardo Bertolucci, Manoel de Oliveira e, solo pochi giorni fa in occasione dell’apertura, a Jodie Foster) alla sua opera, ancora così forte, pulsante. Ancora così appassionata.

Da Bobbio al mondo

Marco Bellocchio è un regista, un autore e un poeta. Attribuirgli la Palma d’Oro d’Onore è una cosa naturale per noi e per tutti coloro che ammirano la sua opera” ha dichiarato il Direttore Artistico del Festival Thierry Frémaux. Non poteva esserci riconoscimento migliore per il Maestro Bellocchio, un uomo nato quasi 82 anni fa (il 9 novembre 1939) nel piccolo borgo medievale di Bobbio (Pc) che ha trovato nell’arte cinematografica il mezzo d’espressione della propria anima, delle proprie pulsioni, delle proprie idee, della propria visione del mondo. I suoi film, usando le lusinghiere parole di Pierre Lescure, Presidente del Festival di Cannes, hanno sempre “messo in discussione le istituzioni, le tradizioni, la storia personale e collettiva. In ciascuna delle sue opere, quasi involontariamente, o almeno nel modo più naturale possibile, rivoluziona l’ordine costituito”.

Sin da I pugni in tasca, la sua folgorante opera prima (correva l’anno 1965), girata “in casa”, a Bobbio. Con la musica di Ennio Morricone e la fotografia di Alberto Marrama, quella pellicola, interpretata da protagonista da Lou Castel, fu considerata dalla celebre critica cinematografica Pauline Kael “l’opera d’esordio più sconvolgente della storia del cinema”. Quel film – rappresentazione, in parte, “dell’aridità di sentimenti della stessa famiglia Bellocchio”, come spiegato dal regista stesso – ha segnato una rottura all’interno del cinema italiano, dando subito slancio al suo percorso registico, che l’ha visto vincere sia in Italia – una decina di David di Donatello (l’ultimo l’anno scorso con Il traditore) – che su grandi palcoscenici internazionali – Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1967 per La Cina è vicina e Orso d'Argento, Gran Premio della Giuria nel 1991 per La condanna. Dieci anni fa esatti arrivava, sempre al Lido, il Leone d’Oro alla Carriera.

Marco Bellocchio torna a Cannes

Ricevere la Palma d’Onore a Cannes è il motivo più bello per tornare alla celebre kermesse francese, già incrociata altre volte in passato: con Salto nel vuoto (1980, i due interpreti Michel Piccoli e Anouk Aimée vinsero entrambi i premi come Migliori Attori), Enrico IV (1984), Il principe di Homburg (1997), La balia (1999), L’ora di religione – Il sorriso di mia madre (2002), Vincere (2009) e Il Traditore (2019). Venerdì 16 luglio, il giorno prima del grande evento, Marco Bellocchio incontrerà il pubblico al “Rendez -Vous con…” e presenterà Marx può aspettare, il documentario – selezionato all’interno della sezione Premiere – che ricorda il suo fratello gemello Camillo, che si impiccò, ventinovenne, il 26 dicembre del 1968. 

© Press office

Marx Può Aspettare

Marx può aspettare – che uscirà nei nostri cinema giovedì 15 luglio distribuito da 01 Distribution – è un film molto personale per Marco Bellocchio che ancora oggi convive con il profondo senso di colpa di non aver impedito una tragedia immensa avvenuta in un anno, il 1968, carico di lotte sociali rivoluzionarie. Eppure l'anno della contestazione, della libertà sessuale, del maggio francese, dell'invasione della Cecoslovacchia, non interessavano Camillo: “Marx può aspettare” disse al gemello Marco. Furono le sue ultime parole rivolte al fratello, ecco il perché del titolo. “Non volevo girare un film patetico, tragico o nostalgico – racconta oggi il regista – la mia vuole essere una riflessione sul dolore dei sopravvissuti (eravamo abbastanza sani noi fratelli per sentire dolore?), ma soprattutto sulla volontà di nascondere la verità a nostra madre, convinti che altrimenti non avrebbe sopportato la tragedia. E perciò il teatro nella tragedia”. Una tragedia familiare che ha sempre tormentato e allo stesso ispirato Marco Bellocchio. 

Marco e Camillo

Nella sua Bobbio – dove dal 1995 tiene corsi di cinema (con la Fondazione Farecinema) e dove dal 2005 dirige il Bobbio Film Festival, una delle rassegne estive più prestigiose nel panorama italiano – c’è un campo da Tennis dedicato al fratello Camillo. Già, il tennis, uno sport che si pratica in due. Per Marco – infaticabile e sempre attivo, ora è infatti al lavoro alla serie tv per la Rai Esterno notte (con Fabrizio Gifuni, Margherita Buy e Toni Servillo), controcampo del suo film Buongiorno, notte (2004, sul rapimento e omicidio di Aldo Moro) – ritirare la Palma d’Onore poche ore dopo aver parlato di suo fratello è un modo di tenerselo ancora stretto a se. Il ricordo di Camillo, sempre vivo, ha sempre camminato insieme a lui. Da Bobbio al mondo intero.

Marco, Alberto e Camillo Bellocchio

Related Articles