Zola: in arrivo la surreale commedia con Riley Keough che interpreta una stripper sfrenata e ci ha raccontato che…

Zola: in arrivo la surreale commedia con Riley Keough che interpreta una stripper sfrenata e ci ha raccontato che…

Quando Riley Keough si connette su Zoom, dalla sua casa di Los Angeles, per l’intervista con Vogue, l’attrice, 32 anni – figlia dei musicisti Lisa Marie

Presley e Danny Keough, nonché nipote di Elvis Presley e beniamina del cinema indie – non corrisponde affatto all’immagine che avevo in mente. Volto acqua e sapone e capelli raccolti sulla nuca, Keough mi accoglie seduta sul divano con un maglione color biscotto, il suo bulldog francese che russa beato sulle sue ginocchia e il rumore della lavatrice in sottofondo.

Una presentazione deliziosamente informale per un’attrice che ha costruito la propria carriera interpretando donne audaci e imprevedibili, a partire dalla concubina dai capelli rosso fuoco che fugge dal signore della guerra in Mad Max: Fury Road (2015) all’algida escort part-time nella serie The Girlfriend Experience (dal 2016 a oggi) passando per l’affascinante leader di una banda di girovaghi scatenati che vende abbonamenti a riviste porta a porta in American Honey (2016), alla scaltra autista deputata alla fuga in La truffa dei Logan (2017) e, per finire, la sola superstite di una spaventosa setta religiosa in The Lodge (2019).

Detto ciò, nessuno dei suoi progetti passati si avvicina anche solo lontanamente al ruolo spudorato e subdolo che interpreta in Zola, la surreale commedia dell’estate, per la regia di Janicza Bravo, basata su un thread di Twitter postato da Aziah “Zola” Wells e diventato virale nel 2015. In questa saga da 148 post, la narratrice, una cameriera e – occasionalmente – stripper, Zola, incontra un’altra spogliarellista di nome Jessica. Le due diventano amiche e, poco dopo, Jessica invita Zola a unirsi a lei in un road trip in Florida, che si trasforma in una sorta di discesa agli inferi, dove si passa dalla pole dance alla prostituzione fino a una sparatoria in una stanza d’albergo.

Nell’adattamento cinematografico, la brillante Taylour Paige veste i panni di Zola mentre Jessica, ribattezzata Stefani, è interpretata, con la giusta dose di spregiudicatezza, da Keough. Vestita di rosa e con i capelli a treccine, è l’enigma fatto persona che, inizialmente sprigiona ingenuità, ma poi pecca, tra le altre cose, di appropriazione della cultura Black e di aneddoti a dir poco problematici. È perseguitata dal fidanzato insicuro (Nicholas Braun) e da un magnaccia violento (Colman Domingo) ma scopriremo presto che questa non è la prima volta che attira una mera conoscente in una trappola.

In occasione dell’uscita al cinema di Zola, Keough ci racconta come è vestire i panni di personaggi sgradevoli, di quando si è dovuta sforzare a trattenere le risate alla vista dei peni più diversi nelle scene di sesso e del progetto radicalmente diverso in cui la vedremo prossimamente.

© Courtesy of Anna Kooris / A24 Films

Ricordi di aver visto il thread di Aziah Wells su Twitter quando è diventato virale nel 2015?

“Sì, me l’aveva mandato qualcuno! Mi venne detto che avevano intenzione di farlo diventare un film poi ho ricevuto il copione. Ero assolutamente ossessionata dalla scrittura. Janicza [Bravo, la regista di Zola] mi voleva per il ruolo [di Stefani], il che era pazzesco. L’unica domanda che avevo per Janicza era, ‘Ci posso andare pesante di brutto?’ E lei ‘Assolutamente!’ Volevamo rendere il personaggio più scatenato, offensivo e chiassoso che potessimo”.

Come ti sei preparata per interpretare un personaggio così oltraggioso?

“Ho già interpretato spogliarelliste diverse volte. Ho preso lezioni di pole dance e ho esperienza di quel mondo. Ho avuto una vita piuttosto interessante, ho incontrato tanta gente ma il punto è che ho conosciuto persone come Stefani. Ho vestito i panni di quella che su Twitter chiamano ‘white trash girl’ (termine derogatorio che si riferisce, soprattutto negli Stati Uniti meridionali, agli americani bianchi poveri che vivono in zone rurali in uno stato di degrado e emarginazione, NdT). Quando ho ricevuto il copione, qualcuno mi ha detto ‘In un certo senso, quel ruolo l’hai già interpretato in American Honey. ’ E io ‘Questa è una persona completamente diversa! Stai mettendo tutte queste donne nella stessa categoria”. Quindi, per il personaggio di Stefani, si trattava di far emergere le varie implicazioni legate a dove era cresciuta, al contesto e al suo modo di parlare. Ho lavorato sull’accento e l’ho spedito a Janicza. Volevo che fosse giusto”.

Stefani è il cattivo della situazione ma, per certi versi, è anche una vittima. Come hai trovato il giusto equilibrio tra le due cose?

“Quando interpreti un personaggio, devi trovare l’empatia indipendentemente da quanto possa essere sgradevole. Ho avuto ruoli simili ed è molto più divertente. C’è più lavoro da fare in quanto personaggi del genere chiedono a te in quanto attore, ma anche al pubblico, di entrare in contatto con la loro umanità. Dopotutto, è il lavoro che ci viene chiesto di fare nella vita reale. In un buon film, sei in grado di portare lo spettatore a pensare ‘Odio questa ragazza ma è anche dolce. No? ’ È questa l’esperienza che si ha quando incontriamo persone complicate, vittime di traumi. Se riesco a trovare l’aspetto umano in questi personaggi, mi auguro che questo emerga anche sullo schermo. Ma, non c’è che dire, Stefani è davvero un demone inquietante”.

I costumi di scena sono davvero pazzeschi. Quali sono i dettagli che speri che il pubblico noti?

“Janicza ha pensato a ogni minimo dettaglio del nostro guardaroba, inclusi i capelli, il trucco e le unghie. Per esempio, mi hanno fatto una manicure con unghie a punta perché rappresento il demonio mentre Taylour [Paige, che interpreta Zola] le ha più arrotondate in quanto è un personaggio più soft. Poi ho un outfit pitonato [un capo a due pezzi con stampa pitonata] perché sono un serpente [ride]. Avevo questa collana che ho adorato ma non so se la gente la noterà. È una catena d’oro con una tetta. Ma ho adorato anche le borsette minuscole di Stefani. Della serie, cosa ci potrà mai mettere in qualcosa di così piccolo, un lucidalabbra? Nella prima scena dove siamo insieme nello strip club, indossiamo dei copri capezzoli con bretelline, a scacchi, ed è un omaggio a Ragazze a Beverly Hills [1995]. È un pò come se fossimo Cher e Dionne!”

Ci sono delle scene incredibili nel film, tra cui un montaggio comicamentedarkin cui Stefani fa sesso con clienti diversi. È stato difficile restare seria e impassibile in quella scena?

“Se devo essere completamente sincera, trattenere le risate è stato davvero difficile. C’erano tanti peni sul set! È complicato ma dopo che hai ‘affrontato’ il primo, diventa tutto molto gestibile. È divertente. Quando ho girato The Girlfriend Experience, alla mia prima scena di sesso, ho pensato ‘Oddio, e adesso?!’ Ma poi, quando arrivi alla seconda e alla terza, diventi quasi impassibile [ride]. Mi è piaciuto molto il fatto che non si vedono i nostri corpi nudi ma solo quelli degli uomini. Non ho alcun problema con la nudità e non credo ci sia bisogno di fare tante polemiche sull’argomento ma ho apprezzato molto quella scelta”.

© Courtesy of Anna Kooris / A24 Films

Zola e Stefani hanno questa strana amicizia immediata. Come siete riuscite a crearla tu e Taylour Paige?

“Io e Taylour ci siamo ‘innamorate’ immediatamente l’una dell’altra ma non era nulla di tossico come invece accade tra Stefani e Zola. C’era una splendida amicizia, cosa molto rara quando si è adulti. Lavorare sul set di Zola è stato meraviglioso. Ho fatto molti progetti seri ma, come persona, mi piace scherzare e fare un po’ la scema. Quindi interpretare un personaggio in maniera più comica è stato davvero bello”.

Il film ha aperto al Sundance prima della pandemia. Che esperienza è stata?

“Ho avuto molti film al Sundance ma per questo dicevo ‘Vedrete, questo è diverso’. La gente era molto emozionata di vederlo e l’energia dentro la sala era palpabile. Al Sundance ho avuto anche la polmonite. Janicza mi ha portato all’ospedale. Era prima che il Covid arrivasse in America – o almeno così si pensava – ma potrebbe essersi trattato di Covid. Se lo è stato, sono davvero grata che sia andato tutto bene. Abbiamo dovuto posticipare l’uscita del film per via della pandemia e all’inizio ero molto frustrata perché pensavo ‘Sono tutti a casa sul divano. E questo è davvero un bel gioiellino di film da guardare’. Ma ora che sta uscendo nei cinema, sono molto contenta che si sia aspettato. Qualcosa come Zola, va visto sul grande schermo e con la musica a tutto volume”.

Il tuo prossimo progettoDaisy Jones & The Six, traccia l’ascesa al successo di unarock bandnella Los Angeles anni 70. Avere così tanti musicisti in famiglia semplifica o complica l’impresa di interpretarne uno sullo schermo?

“Continuo a fare pratica di chitarra ma non ho studiato canto o chitarra, quindi mi ero detta ‘Non so se fa per me ma proviamoci’. Sto facendo del mio meglio e gli showrunner della serie credono che stia andando alla grande quindi mi fido di loro. È qualcosa di molto diverso per me e molto divertente”.

Lavoro a parte, tu e la tua famiglia avete trascorso un anno incredibilmente difficile [Riley ha perso il fratello, Benjamin, a luglio 2020]. Cosa ti ha aiutata ad affrontare la perdita?

“Vorrei tanto che ci fosse qualcosa ma non c’è nulla in grado di prepararti ad affrontare la perdita e una tragedia come questa. Quando ho perso mio fratello, mi sono sentita molto arrabbiata del fatto che nessuno parli della morte. È qualcosa che si tiene nascosto e quando capita a te è come essere gettati nell’oceano senza saper nuotare. Personalmente, aiutare altre persone che si trovano in situazioni simili è stata la cosa più utile per me. Ho fatto un corso per diventare doula della morte e ho ricevuto il mio diploma di accompagnatrice nella morte. Leggo, faccio meditazione e sono molto spirituale. Penso che la perdita di mio fratello abbia riprogrammato la mia intera esistenza e mi abbia reso grata di ogni singolo momento. Ho molto più amore nel cuore di quanto immaginassi. Ma è un’esperienza dolorosa che richiede tanto lavoro su se stessi. È stato un anno tragico per tante persone. C’è stata molta sofferenza. Ti fa comprendere quanto siamo tutti legati gli uni agli altri”.

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